Prevalenza dell’immaginario e tratti di perversione.
Massimo Termini – AME SLP, AMP


C’è dell’impossibile nel sesso! È l’annuncio che leggo nel titolo del nostro convegno, il primo suggerimento che raccolgo. Lacan, lo sappiamo, ha inclinato il reale nel verso dell’impossibile e pertanto mettere a tema Il reale del sesso, vuol dire considerare che la sfera sessuale confronta ciascuno con un punto di impossibilità. Necessariamente. Ed è un confronto che può essere scontro, una pietra d’inciampo che si vuol saltare, una vertigine che precipita nell’impotenza, da cui fuggire o attorno a cui si radunano paure e inibizioni, anche invenzioni. Insomma, l’impossibile del sesso sollecita il soggetto a rispondere ed è in tale ottica, quella delle risposte approntate attraverso il montaggio del fantasma, che va inquadrato il tratto di perversione e indagata la sua funzione.

Un prelievo
Perversione e tratti di perversione. Le due nozioni benché prossime non si mischiano. Una tensione le avvicina e insieme le distingue e in prima battuta possiamo tratteggiarla nel seguente modo: isolare un tratto di perversione non implica affatto che la posizione del soggetto vada collocata sul lato della perversione vera e propria. In questo caso non si tratta della foglia in cui riconoscere le caratteristiche strutturali dell’intera pianta, per riprendere una suggestiva metafora lacaniana. Struttura perversa e tratto di perversione non si corrispondono, dal momento che quest’ultimo lo si ritrova anche in soggetti la cui posizione è riferibile alla nevrosi o alla psicosi.
Il tratto quindi non rende conto della struttura soggettiva. Però rende conto di una precisa manovra, una manovra che potremmo definire di prelievo, nella misura in cui permette di prelevare dalla perversione un suo elemento caratteristico e adottarlo. Quale? Precisamente quello che Lacan individua percorrendo “Le vie perverse del desiderio” – riconosciamo in questa espressione il titolo della seconda parte del Seminario IV – e che consiste in una speciale accentuazione dell’immaginario: “Tocchiamo qui con mano come si formi ciò che si può chiamare lo stampo della perversione, vale a dire la valorizzazione dell’immagine. […] Quando si tratta di perversione, la dimensione immaginaria appare dunque prevalente”[1]. Valorizzazione dell’immagine, prevalenza dell’immaginario nel fantasma e stampo della perversione: un nodo è stretto.

Cristallizzazione del godimento
Ora, se articoliamo questo punto della teoria con la nozione di godimento – così come Lacan la svilupperà in seguito attraverso la funzione dell’oggetto a – arriviamo a cogliere, in quanto dato fondamentale nella costituzione del tratto di perversione, la fissazione [2]. Più nello specifico, la fissazione del godimento in una particolare forma dell’oggetto. I due aspetti sono legati. L’accentuazione dell’oggetto a sul versante immaginario, il prevalere della sua forma nel fantasma è correlato con la cristallizzazione del godimento.
Al fondo del tratto di perversione c’è dunque un processo di localizzazione, il cui operatore è il fallo, che permette di dare figura al godimento. Una figura che può essere individuata e poggiata su un qualche oggetto, un oggetto comune, della realtà, come può esserlo il feticcio, o ancora ritrovata in una parte del corpo dell’altro, in un dettaglio isolato nel partner o reperita in una delle forme principali dell’oggetto a, come la voce o lo sguardo. Quale che sia, il godimento arriva a manifestarsi, si mostra nell’ordine del rappresentabile e quindi come qualcosa di identificabile, delimitabile e perché no, anche manipolabile. Almeno quanto serve affinché sia messo in gioco nelle vicende del sesso.
Allora il tratto di perversione può essere considerato per quel che è, vale a dire, come sottolinea J.-A. Miller, non qualcosa di contingente ma una necessità strutturale [3]. Un’accentuazione dell’oggetto sul versante immaginario, necessaria per cristallizzare il godimento. In tal modo, una forma è data ma questa non cancella quello che per noi è il dato più essenziale, radicato nel reale, e cioè che fondamentalmente il godimento è di per sé informe. In altre parole, per fare ritorno al titolo del nostro convegno, dalla prospettiva del tratto di perversione il reale del sesso è un godimento che non si accorda a nessuna forma.

Questione del desiderio vs volontà di godimento
Stretto intorno a una forma immaginaria dell’oggetto, il tratto di perversione incanta il soggetto. Detta la regola della sua eccitazione sessuale ma seguirla può rivelarsi tutt’altra storia. Tanto più se il modo di godere determinato dal tratto di perversione prende le distanze da quanto invece prescrivono gli ideali, con cui il soggetto è in relazione nell’ordine simbolico. La clinica, in particolare quella della nevrosi, a cui limitiamo il presente contributo [4], registra allora i segni di un rapporto instabile con la realizzazione. Che sia per esempio il senso di colpa con i suoi rimproveri, oppure la vergogna con il suo potere di intimidire, che siano i dubbi, i timori, le esitazioni, i pentimenti, le giustificazioni o le inquietudini rispetto all’agire, si potranno reperire i segni di un volere incerto, di un soggetto interrogato dal desiderio, che rimane separato dalla sua causa, preso nella divisione soggettiva. Quindi, un soggetto impigliato nella nevrosi che si mantiene a debita distanza da quella “volontà di godimento” che invece contraddistingue il perverso [5]. In casa sua al contrario il dubbio non trova ospitalità, la sua è una posizione che non accoglie esitazioni, che non concede spazio agli interrogativi e non domanda: “il perverso si considera un soggetto che sa la verità del godimento, e considera il nevrotico un essere debole, che non sa cosa vuole, che soffre di depressioni” [6]. Soprattutto sa ciò che l’Altro vuole, sa cosa fa godere l’Altro.
Possiamo allora intendere il preciso valore dell’affermazione di Freud secondo cui “la nevrosi è per così dire la negativa della perversione” [7]. La differenza tra nevrosi e perversione non riguarda tanto la forma assunta dai fantasmi in un caso e nell’altro. Piuttosto attiene al ruolo svolto dalla castrazione, con il suo effetto di sottrazione, di negativizzazione, di mancanza, concerne il posizionamento della divisione soggettiva negli scenari fantasmatici. Così, per un verso, è quel che ritroviamo sul lato del soggetto nella nevrosi, mentre nel caso della perversione tutto ciò è colto da un deciso rifiuto, è rinnegato sul lato proprio per essere rigettato interamente nell’Altro [8]. In questo modo il perverso può situarsi dalla parte dell’oggetto e da qui perseguire la via della realizzazione, facendosi lo strumento del godimento che manca all’Altro [9].
Tra le due posizioni pertanto corre una differenza strutturale e il tratto di perversione non la annulla. Certo, può offrire al nevrotico una risposta riguardo al godimento ma questa risposta non spegne la questione del desiderio, non ottura la mancanza e di conseguenza nemmeno scarta la possibilità di una domanda rivolta all’analista [10].

Un’operazione su larga scala
Abbiamo finora mantenuto il discorso nel perimetro del fantasma del soggetto. Adesso però, possiamo anche allargare l’obiettivo e puntare l’attenzione su un aspetto che i tempi a noi più vicini pongono in risalto. Come non rilevare il balzo che è stato compiuto a proposito del potere di captazione dell’immagine e dei suoi utilizzi? Un evidente cambio di passo ha portato a scavalcare il ristretto ambito individuale per cui, oltre che una manovra da mettere in conto al fantasma del soggetto, il prevalere dell’immaginario si presenta anche come il risultato di un’operazione su larga scala sostenuta dai dispositivi tecnologici offerti al nostro consumo.
Il riferimento è in particolare alla cosiddetta realtà virtuale, alla sua capacità di proporre allo sguardo dei fruitori un’estesa varietà di immagini sul sesso, tra le quali riconoscere la messa in scena di un tratto legato alla propria eccitazione. Il movimento è cruciale e non manca di incidere sulla maniera con cui i modi dell’eccitazione vengono percepiti, considerati, giudicati, vissuti, arrivando così a toccare il rapporto stesso con la realizzazione. Come non rilevare anche questo? Tra gli effetti di tanta messa in scena c’è la sensazione per il soggetto di poter passare senza soluzione di continuità alla realizzazione, o almeno con più disinvoltura e facilità.
Ebbene, fino a che punto ci crediamo? Solo una prospettiva di continuità? Senza più discontinuità? Solo gradi del possibile? Per quanto ci riguarda, conviene tenere stretto un punto: quel che prende posto nella discontinuità che il passaggio alla realizzazione implica, altro non è che il reale del sesso.

[1] J. Lacan, Il seminario. Libro IV. La relazione oggettuale (1956-1957), Einaudi, Torino 2007, p. 117.

[2] Il rimando è chiaramente al concetto di Fixierung in Freud.

[3]   J.-A. Miller, El partenaire-síntoma, Paidós, Buenos Aires 2008, p. 28.

[4]   Lasciamo così da parte in tale contesto la questione, altrettanto rilevante, della funzione dei tratti di perversione nella psicosi.

[5]   Cfr. J. Lacan, Kant con Sade, in Scritti vol. II, Einaudi, Torino 1974, in particolare lo sviluppo intorno alla specifica conformazione del fantasma perverso.

[6]   J.-A. Miller, “A proposito di Kant con Sade”, in Delucidazioni su Lacan, Antigone Edizioni, Torino 2008, p. 98 e sg

[7]   È quanto Freud argomenta considerando che i moti pulsionali perversi nella nevrosi, per esprimersi imboccano le vie della formazione del sintomo e non quelle manifeste dell’azione (Cfr. S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Opere vol. IV, Boringhieri, Torino 1970, p. 477).

[8]   “Qui si vede la manovra del fantasma perverso, del soggetto perverso, che consiste nel respingere da sé la divisione soggettiva per farla sorgere nell’Altro” (J.-A. Miller, “A proposito di Kant con Sade”, op. cit., p. 91).

[9]   “Soltanto la nostra formula del fantasma permette di vedere che nella perversione il soggetto si fa strumento del godimento dell’Altro” (Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano, in Scritti vol. II, Einaudi, Torino 1974, p. 827).

[10]  Cfr. E. Laurent, “Considérations actuelles sur la perversion”, in Quarto n. 43, 1991.