Sul tema
Due parole, due straordinari concetti della psicoanalisi per il tema SLPcf 2021.
Sesso: Sigmund Freud lo accosta a un’età, l’infanzia, e ciò fa scandalo nella cultura. Già.
D’altro canto, precisa, con i Tre saggi sulla teoria sessuale, il carattere perverso polimorfo[1] della sessualità infantile. Sesso e sessualità si disarticolano e si articolano in una nuova logica. Il genitale già con Freud, nella elaborazione teorica che egli lascia con la sua opera, punta del nuovo, a tal punto da aprire, con la cultura che informa il soggetto dell’inconscio, alla trasmissione della psicoanalisi stessa.
Il suo testimone si darà al femminile, introducendo uno scacco nuovo alla scienza e, con essa, al reale. La sessualità binaria sempre più in crisi con l’avvento della manipolazione dei corpi sia dal lato scientifico sia da quello capitalista impone a ciascuno, all’Uno-tutto-solo, di arrangiarsi con la propria soggettiva soluzione rispetto alla sessualità.
Reale: altro concetto forgiato da Lacan, al di là del significato che prende nell’uso della lingua comune, in cui reale e realtà perlopiù si equivalgono. Il Reale si dispiega dalla realtà: esso si colloca dalla parte del godimento, mentre la realtà è ordinata sul versante dell’Immaginario e del Simbolico.
Lacan, rileggendo Freud, lungo tutto il suo insegnamento, lo lavora per dargli il posto nella terna Reale, Simbolico, Immaginario. Arriva a dire che esso, il reale, è senza legge e, essendo sprovvisto di senso, “… non ha ordine[2]”. Precisa pure: “È nella misura in cui Freud ha veramente fatto una scoperta … che si può dire che il reale è la mia risposta sintomatica. Ma ridurre questa risposta ad essere sintomatica vuol dire ridurre ogni invenzione al sinthomo[3]”.
Nel Seminario XXV, Le moment de conclure, tempo del suo ultimo insegnamento, dirà: “Il reale non cessa di scriversi. È attraverso la scrittura che si produce la forzatura. […] bisogna dirlo, come apparirebbe il reale se non si scrivesse?[4]”. Poi: il reale “produce il buco, è ciò a cui siamo ridotti, per quanto riguarda il fatto di realizzare comunque questo rapporto sessuale[5]”.
Ecco!
Oggi, più che mai, non bastasse solo la condizione di pandemia in cui ci troviamo, nessuno escluso, il tema è dato, affinché la comunità degli psicoanalisti della SLP si dia da fare per articolarlo, ognuno dal proprio posto, prossimo all’intimità straniera che lo abita e secondo il proprio stile.
La clinica è la bussola che ci fa scrivere e testimoniare.
Essa si annoderà alla declinazione politica ed epistemica.
Ancora.
Sesso: ci richiama alla biologia lacaniana, non senza Freud. Lacan, a tal proposito, proprio nel Seminario XIX, che la comunità analitica italiana della SLPcf si trova a celebrare nella sua traduzione italiana, recentemente pubblicata, afferma: “Non c’è minimo dubbio che il sesso sia reale […] Quando si tratta di sesso, si tratta dell’altro sesso, anche nel caso in cui gli si preferisce il proprio[6]”.
Reale: Lacan, nell’intervista che rilascia ad Emilia Granzotto per la rivista Panorama, dice: “Io chiamo sintomo tutto quello che viene dal reale, è tutto quello che non va, che non funziona, che ostacola la vita dell’uomo e l’affermazione della sua personalità. Il reale torna sempre allo stesso posto, lo trovi sempre lì, con le stesse sembianze. Gli scienziati hanno un bel dire che niente è impossibile nel reale […] non lo sanno di stare in una posizione insostenibile[7]”.
Sempre nella stessa intervista, rispetto alla domanda dell’intervistatrice sulla natura dell’angoscia, Lacan risponde: “Qualcosa che si situa al di fuori del nostro corpo, una paura, ma di niente che il corpo, mente compresa, possa motivare. Insomma, la paura della paura. Molte di queste paure, molte di queste angosce, al livello in cui le percepiamo, hanno a che fare con il sesso[8]”.
“Il reale del sesso” è il tema che ci mette al lavoro in questi tempi a cavallo fra il 2020 ed il 2021.
Un tema l’abbiamo lasciato alle spalle: “Paure?”, senza aver potuto celebrare il XVIII Convegno 2020.
Senz’altro esso sarà compreso nei lavori di quest’anno, non senza che si lasci un buco, lavorando nella formazione analitica di ciascuno per sbarazzarci dai tappi che non cessano di prodursi per tappare il buco impresso dall’inesistenza del rapporto sessuale, possiamo… scilicet.
Dopotutto il soggetto non sorge proprio dalla faglia, dall’intervallo fra S1 e S2?
Un’intermittenza, sicuramente, che sorge da un oggetto perduto. Il click che Lacan ci fa immaginare nella sua conferenza del 1966 a Baltimora[9]: il neon di un’insegna luminosa che segna il tempo, che va e viene nella bruma dell’alba.
Adoro questa foto che ci dona!
Che sia un lavoro sostenuto per la SLPcf.
Che si accendano e spengano tanti piccoli uni a indicare il tempo che scorre nella bruma densa, da fendere con desideri decisi per il farsi di un nuovo giorno per la trasmissione della psicoanalisi, sia sul piano del discorso che su quello del desiderio dell’analista.
Lasciamoci sostenere dalla nostra intima, soggettiva, reale causa, dagli AE in funzione.
Gli insegnamenti delle passe sostengano questo strumento di trasmissione che è la Scuola, decompletandola in permanenza, con il buco di sapere da tenere ben contornato da quei lembi di reale di cui testimoniano.
Sappiamo che Lacan, a chi gli diceva che era un poeta, sottolineava che era un poema.
Leggo come un verso poetico il passaggio che Lacan lascia nell’intervista ad Emilia Granzotto e con questo vado a fare un punto: “l’analisi spinge il soggetto verso l’impossibile, gli suggerisce di considerare il mondo com’è veramente, cioè immaginario, senza senso.
Mentre il reale, come un uccello vorace, non fa che nutrirsi di cose sensate, di azioni che hanno un senso[10]”.
Questo passaggio mi dà il gusto di una poesia che si cancella, scritta sui lembi di un litorale, su cui, a intermittenza, passa l’onda a cancellarla dei suoi significanti, delle sue metafore e metonimie, dei suoi versi; resti di godimento: niente.
Loretta Biondi
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[1] S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale in Opere vol. 4, Boringhieri, Torino 1989, p.499
[2] J. Lacan, Il Seminario Libro XXIII, Astrolabio, Roma 2006, p. 134
[3] Ibidem, p. 129-130
[4] J. Lacan, Il Seminario Libro XXV, lezione del 10 gennaio 1978, inedito
[5] J. Lacan, Il Seminario Libro XXI, lezione del 12 febbraio 1974, inedito
[6] J. Lacan, Il Seminario Libro XIX, Einaudi, Torino 2020, p. 151
[7] J. Lacan, Freud per sempre (intervista di Emilia Granzotto) in LP n. 41, Astrolabio, Roma 2007, p. 17 ss.
[8] Ibidem, p. 21
[9] J. Lacan, Della struttura come immistione di una alterità preliminare a un soggetto qualunque in LP n. 60, Astrolabio, Roma 2016. p. 9 ss.
[10] J. Lacan, Freud per sempre (intervista di Emilia Granzotto), op. cit., p. 18
Gli AE
Il reale del sesso? No, grazie.
Gian Francesco Arzente – AE Scuola Una
All’improvviso si è fatto buio.
Stamane l’aria cristallina e l’azzurro del cielo mi avevano fatto pensare a come sarebbe stato bello questa sera guardare il tramonto sopra il Monviso.
L’ho perso. La giornata è scivolata via come il vento che, d’autunno, spoglia le ultime foglie degli alberi. Un accenno di malinconia che mi porta per un istante a meditare sulle prossime vacanze estive, ma con pudore mi ritraggo da questo pensiero.
Dalla stanza attigua mi raggiunge la voce di chi al telegiornale annuncia che l’indice del contagio da Corona virus è calato da 1,8 a 1,4, ma molte più regioni d’Italia hanno superato la soglia critica dei ricoveri in ospedale.
Da circa tre settimane, poi, sono tornato a fare le riunioni sia cliniche che organizzative delle varie associazioni a cui partecipo su piattaforma telematica. Mi sembra di aver più tempo a mia disposizione per studiare, per stare in famiglia – mi dico – ma è meno denso: ciò che vi accade nella sua corrente ha meno forza, i colori sbiadiscono in fretta.
Ed eccomi qua di fronte al tema del prossimo Convegno SLP che si svolgerà a Roma nel maggio 2021. Il reale del sesso. È in buona compagnia: a luglio 2011 a Bruxelles si tratterà il tema Avere un figlio? Poi a Parigi nel 2022 il Congresso mondiale dell’AMP su La donna non esiste.
Ne parlavo al telefono alcuni giorni fa con un collega della SLP a Milano, quando mi sono sorpreso dire: Il reale del sesso? No, grazie!
Perché? Eppure l’esperienza del Reale è il cuore pulsante della Scuola.
Ora, rileggendo il tema sul foglio bianco mi accorgo che a spaventarmi è l’articolo.
– L’articolo?
– Il: articolo singolare determinativo. Non lo si usa in qualsiasi caso. In italiano, si fa uso dell’articolo determinativo per indicare qualcosa di preciso. Come dire che il reale del sesso non rimanda a qualcosa di indeterminato.
– E già! Avrebbero usato l’articolo indeterminativo. Non ci stanno invitando a lavorare intorno a Un reale del sesso.
– E no! Con l’articolo il non se ne può fare una serie di questo reale. Non lo si può ordinare.
– Cameriere! Per favore, mi porti un reale?
– Vedi che non appena qualcosa si fa impegnativo subito divaghi. Non si può fare una collezione del reale.
– Se non se ne può fare una serie e se non si può avere una collezione di reale, di chi è?
– Del sesso!
– Del sesso? Che casino è sempre stato per me. Ma l’articolo il non doveva indicare qualcosa di già noto. Noto nel discorso che si sta facendo.
– Infatti, in questo caso noto all’interno del discorso analitico.
– “a”! Il discorso analitico. Ridi perché ho detto qualcosa di stupido?
– No. Non trovo immagini, non trovo parole per rappresentare, per dire qualcosa sul reale del sesso.
– Ti ricordi quando frequentavamo le scuola medie e, trovandoci intorno ad una lattina di Coca, ti domandavo: ma se Agata mi bacia, cosa faccio?
Tarzan sa! Mi rispondevi usando la terza persona singolare. Poi al Liceo per nostra fortuna abbiamo iniziato a leggere qualche romanzo.
– E io ti dicevo, ma cosa ne dice William Shakespeare?
– O, I am fortune’s fool.
– O, io sono lo zimbello del destino.
– No. Non destino, mi fa sentire vittima il destino. Zimbello del caso, piuttosto, perché sta a noi leggere il numero che compare sulla faccia dei dadi.
– Ma quante volte hai letto Romeo e Giulietta?1
– Effettivamente, quante tragedie si consumano? Ancora oggi né è piena la cronaca, Quante tragedie quando un sapere non saputo fa ostalo al rapporto sessuale. Quante tragedie accadono quando si vuol far prevalere il proprio senso, perché non si ha voglia di voler venire a sapere che il senso è solo una direzione; ve ne sono molte altre.
– Meglio la commedia?
– Si! Sai, a volte ho provato a fare l’esercizio di leggere i Casi clinici di Freud come se appartenessero a differenti dei generi letterari.
Ebbene, ti ricordi del Caso del piccolo Hans?2
– Sì certo. Quel bambino aveva uno strano sintomo, la fobia per i cavalli; ma ricordo soprattutto il fa-pipì. Forse aveva a che fare col reale del sesso?
– E già. E mi sembra anche un buon esempio di commedia.
Il caso vuole che la fobia comincia proprio quando la mamma di Hans ha appena avuto una bambina, cioè quando si è unita una sorellina al contesto familiare. In tale contesto, poi, i genitori si stanno per separare perché le cose non vanno bene tra di loro. Come se non bastasse, poi, il piccolo Hans in questo periodo incomincia ad avere delle piccole erezioni e deve così occuparsi del suo fa-pipì. Inizia ad interessarsi del suo organo. Ed è in questo contesto molto animato che Hans, come fanno molti bambini di questa età, cinque anni, inizia a porre molte domande. Le questioni con cui assale i genitori girano attorno all’enigma della nascita: da dove vengono i bambini, dove eravamo prima di venire al mondo, di chi è la sorellina? Domande insomma da cui emerge la problematica della procreazione, l’esistenza di un nuovo essere vivente e della relazione tra i sessi incarnati per lui da suo padre e da sua madre. Hans si interroga su questo e contemporaneamente sul senso di quell’organo di cui lui è provvisto e di cui la sorellina, che attira tutte le attenzioni, non è provvista.
– Questo è il reale del sesso?
– Aspetta. Non farmi perdere il filo. Emerge però in modo preciso, a mio modo d’intendere, leggendo il caso del piccolo Hans, una problematica centrale per lo sviluppo di ogni bambino: qual è il rapporto tra il sesso e la vita.
– Una tragedia.
– Se non fosse che la fobia di Hans scompare, grazie a ciò che egli racconta al padre che, a sua volta, lo va a raccontare a Freud.
“Tu andrai a vivere con la nonna e io sposerò la mamma” dice a suo padre trovando una soluzione alla questione di quale ruolo, quale posto tenere in relazione all’altro sesso. La soluzione è quella mitica dell’Edipo: rinvia suo padre da sua madre e io – dice Hans– starò con la mia. Quello che conta, al di là di questa soluzione romanzata, è vedere che la costruzione di quest’articolazione è correlata alla scomparsa della fobia dei cavalli. La fobia scompare in un contesto in cui Hans ha l’opportunità di articolare esplicitamente le sue questioni sulla vita ed il sesso. La paura scompare quando inventa una nuova ripartizione dei posti in quella famiglia da cui si era sentito estromesso e riceve, lì dove ha provato sulla sua pelle che Non c’è rapporto sessuale, la promessa che c’è del legame sociale. La promessa di un legame sociale vale a dire il solo rapporto che gli esseri umani hanno tra loro è un rapporto di parola, quindi di malinteso.
– La fobia allora presentifica per Hans la questione latente sul sesso e la vita?
– Si! Possiamo dire che i bambini, come gli adulti, attraverso ad esempio un sintomo, la fobia per Hans, affrontano le questioni fondamentali per ogni parlessere: la questione della sua esistenza, del suo sesso, dalla cui decifrazione può emergere, come nel caso del piccolo Hans, l’incertezza provata riguardo a quale posto occupava nell’Altro quando questo Altro gli è risultato bucato.
– Cioè?
– Scusami. Mi stavo dimenticando del corpo. Hans con il suo fa-pipì fa un’esperienza traumatica, che è un’esperienza di corpo e di confronto con l’indicibile in assenza dell’Altro del linguaggio, un’esperienza in cui è in gioco del godimento. Il soggetto, Hans in questo caso, dovrà sintomatizzare questa esperienza, ovvero costruire un sintomo intorno a questo pezzo indicibile, mettendolo in rapporto per costruirci qualcosa.
– Uhm?
– Come dice Lacan, nella conferenza su Il sintomo tenuta a Ginevra il 4 ottobre del 19753, Hans con la prima erezione si trova confrontato con un’esperienza di godimento da cui vuole fuggire perché non capisce quello che gli sta accadendo. È l’incontro con qualcosa che sente nel corpo senza poterlo simbolizzare mettendolo in parole. Hans rifiuta il godimento che si produce nel suo corpo e come conseguenza comincia a spostare questo godimento estraneo e indicibile su : “Questo cavallo, che va e viene, che ha un certo modo di scivolare sulla banchina mentre tira un carro, è tutto quello che c’è di più esemplare per lui di ciò con cui ha a che fare”.4 Qualcosa del corpo dunque viene rifiutato e comincia a produrre una fobia per sintomatizzare questo reale vissuto nel corpo.
– Ecco che sia Freud che il padre lo aiutano a mettere in parole la storia dei cavalli e della sorellina.
– Si! “È sempre con l’aiuto delle parole che l’uomo pensa. Ed è nell’incontro delle parole con il proprio corpo che qualcosa prende forma”.5
– E poi. Mi sembra d’intuire che il reale del sesso ha molto a che fare col sintomo. Sinthomo?
– E poi questo è solo un assaggio. Ci vediamo a Roma!
– Ah! Aroma.
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[1] William Shakespeare, Romeo e Giulietta, in William Shakespeare I capolavori, Vol. I, Einaudi, Torino, 1994, p. 62.
[2] Sigmund Freud, Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (Caso clinico del piccolo Hans) (1908), in Opere, Vol. V, Boringhieri, Torino, 1972.
[3] Jacques Lacan, Il sintomo, in La Psicoanalisi, n. 2, Astrolabio, Roma, 1987.
[4] Ivi, p. 21.
[5] Ivi, p. 19.
L’essere-per-il-sesso.
Alejandro Reinoso – AE Scuola Una
“Il reale del sesso”. Da parecchio che non sentivo un titolo di un convegno così privo di senso. Come se il titolo stesso avesse del reale intarsiato, una cesura con l’impossibile e la spinta a farne qualcosa.
Alla riunione degli AE in esercizio con la Presidente sull’argomento del convegno, Arzente ha detto che era un titolo che faceva un po’ paura. È vero! Ha del perturbante, lascia stecchito.
Il reale del sesso degli esseri parlanti si disgiunge del sesso degli animali che hanno la pace sessuale, il che “vuol dire che si sa cosa fare con il corpo dell’Altro”1. Dunque, niente armonia sessuale per gli esseri parlanti!
Freud evoca alcuni tratti perturbanti di questa assenza di pace nella sua costruzione mitica e teorica: l’orrore della scena primordiale dei genitori, l’incesto e il suo tabù, l’urvater di “Totem e tabù” con il suo godimento illimitato e la morte che il simbolico introduce, l’incontro con i genitali femminili e il complesso di castrazione con la perdita di soddisfazione. L’orrore e il fascino rispetto al proprio corpo e al corpo dell’altro sono fonti di piacere e di sofferenza. Al contempo, lo sviluppo della nozione di pulsione si discosta da ogni proposta istintuale e il polimorfismo sessuale perverso, parziale e infantile, diventa scandalo. Solo recupero di soddisfazione per via dell’oggetto. Tuttavia, ci sono due tratti perturbanti: l’inerte legato alla compulsione a ripetere e l’eccesso dell’al di là del principio di piacere. A questo riguardo Freud punta anche il dito verso il sintomo indicando, nei Tre saggi sulla sessualità, che “i sintomi sono la pratica sessuale dei malati” dove il sintomo è letto come un nocciolo di godimento inerziale. Inoltre, Freud introduce anche il registro della faglia (béance), del taglio (sesso, etimologicamente secare): la disgiunzione amore-sesso, l’impossibile di fare Uno da due e le domande sulle origini e sulla sessualità a cui è impossibile rispondere.
Comunque sia, Freud stesso ritiene che “non è facile indicare il contenuto del concetto ‹‹sessuale››. Tutto ciò che ha a che fare con la differenza tra i sessi”2. Ma si fermerà difronte a un intoppo: la questione della donna e il godimento femminile.
Lacan, nell’Allocuzione sulle psicosi infantili, a partire della castrazione freudiana sposta la questione dall’asse filosofico heideggeriano dell’essere-per-la-morte all’essere-per il sesso3, nella prospettiva del godimento e dell’inafferrabile del sesso per via delle rappresentazioni, ma legato all’oggetto a. Qualche giorno prima, Lacan aveva letto la sua Proposta che tratta la dimensione dell’essere legato al fantasma e il non sapere dell’essere del desiderio, entrambi articolati all’oggetto a.
Allora, come prendere il reale del sesso in una prospettiva ontica? Il reale del sesso negli esseri parlanti è la differenza assoluta, poichè fuori dal linguaggio, e c’entra con il godimento che emerge dall’incontro contingente tra la lalingua e il corpo. Infatti, il reale del sesso va al di là delle differenze che il significante fornisce alla distinzione uomo / donna nel campo del linguaggio e che i sembianti cercano di mantenere nella commedia dei sessi. Lacan insiste nel suo insegnamento sull’altro sesso che fa scacco. Al di là del fallo, la radicalità assoluta ha a che fare con il femminile, alterità fuori dalle differenze relative, nel territorio logico del non-tutto. Ciò che nell’Allocuzione Lacan chiama: “la presenza del sesso come tale, da intendersi nel senso in cui l’essere parlante lo presenta come ‹‹femminile››”4.
Il sesso accenderebbe un possibile del godimento del corpo dell’Altro puntando a una soddisfazione. Nonostante ciò, la non relazione sessuale si fa presente dall’impasse e il fallimento in questo campo. Il programma di godimento degli Uno-totalmente-soli, senza l’Altro, costituisce un’ontica del godimento fuori senso che tiene conto dell’inconscio reale e dell’une-bévue.
E la posizione dell’analista rispetto al reale del sesso? è una domanda da lavorare verso il nostro Convegno. Lacan ci da alcune tracce di orientamento. L’analista si accosta alla cesura del soggetto e non fa nessuna coppia nell’atto analitico5. Per intervenire c’è il territorio del dire e l’uso preciso dell’une-bévue, dove l’una-svista consente di isolare un Uno-totalmente-solo e il non rapporto sessuale. E’ forse in questo senso che Lacan sottolinea che “l’equivoco punta immediatamente al sesso. Il sesso […] non definisce un rapporto”?6.
Pascal Guignard, nel suo bellissimo libro Le sex e l’effroi7, mette a confronto due tratti legati al sesso: il fascino e l’orrore. Egli approfondisce storicamente il passaggio tra le civilizzazioni greca e romana “quando l’angoscia erotica si convertì in fascinatium e il riso erotico divenne il sarcasmo di ludibrium”. Vi riprende la Villa dei misteri e il velo che ricopre l’orrore che però si annoda al fascino irresistibile. Conosciamo come Lacan riprende questo affresco. Forse il Convegno sarebbe l’occasione per approfondire l’attualità di ciò che oggi, del sesso, fa orrore e fascino, nel contesto dell’Altro che non esiste, il capitalismo di consumo e il discorso della scienza odierna.
La pubblicazione in italiano del Seminario XIX di Lacan, … o peggio, è un ottimo contributo e preciso per il nostro percorso verso il Convegno. Ci sono diverse declinazioni secondo cui potrebbe giocarsi la discussione, ne prendo alcune: il sesso, l’inconscio reale e l’Uno, sessuazione e distinzioni sessuali attuali, i tentativi di realizzare il rapporto sessuale nel legame sociale (occorrerebbe chiedersi se ogni tanto non ci caschiamo anche noi, per quanto riguarda il legame tra gli analisti…). Dinanzi alla pluralizzazione dei sessi (bi, neutro, trans, ecc.) e di teorie nominaliste riguardanti le diversità, incluse alcune cosiddette “non binarie”, il reale del sesso, l’Uno del godimento e l’une-bévue diventano per l’analista un faro nella sua pratica e nella sua politica.
Binari non binari
Silvia Morrone – AE Scuola Una
“(…) il reale, propriamente parlando, si incarna – in che cosa? Nel godimento sessuale. Ma in che modo? Come impossibile (…)”1
Nel Seminario XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Lacan sottolinea l’abisso esistente fra ciò che chiamiamo sessualità e le relazioni rivelate dall’inconscio scoperto da Freud.
Il sessuale non ha nulla a che vedere con la biologia ma piuttosto con i rapporti fra l’uomo e la donna, rapporti la cui stoffa è fatta di sembianza.
Si tratta per Lacan di rapporti che sembrano seguire un “destino” che si produce, per gli umani, nell’età adulta, e cioè quello di suddividersi in uomini e donne.
Un destino che, nella sua realizzazione, pur essendo veicolato in un discorso, rimane sempre opaco, eccede la dimensione della sembianza.
“L’identificazione sessuale non consiste nel credersi uomo o donna, ma nel tener conto, per il ragazzo, che ci sono delle donne, e per la ragazza che ci sono degli uomini.”2
Se ci aspettavamo di trovare una formula che ci permettesse di orientarci, possiamo sentirci un po’ delusi, ma l’apparente vaghezza di Lacan su questo tema in realtà tocca l’essenziale della questione, cioè che i sembianti non dicono nulla di come un soggetto acconsente a collocarsi in posizione maschile o in posizione femminile.
La presenza del corpo dell’Altro contribuisce, inoltre, a ripetere l’imbarazzo dell’incontro con qualcosa che non va, che non fa rapporto fra i sessi, che mette in rilievo l’isolamento del proprio godimento singolare, rispetto al quale ciascun soggetto è chiamato a trovare un modo per sbrogliarsela.
Già da diversi decenni, la caduta dei sembianti ha messo in rilievo una dimensione non binaria dell’identità sessuale che, pur non appoggiandosi più alla funzione del Nome-del-Padre, domanda, comunque di essere riconosciuta dall’Altro.
Inoltre, non dovevamo attendere la pandemia per constatare la salita allo zenit del riferimento al virtuale per sbrogliarsela con il reale del sesso e con l’impossibile che fonda i rapporti fra uomini e donne.
Come psicoanalisti siamo chiamati in causa per dire la nostra in questi campi per non lasciarli completamente alla deriva scientista.
Molte sono infatti le sfumature che toccano la clinica, uno per uno, e che il nostro prossimo Convegno ci darà modo di trattare!
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[1] J. Lacan, Libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Einaudi, Torino 2010, p. 27.
[2] Ibidem, p. 28
Shessho.
Davide Pegoraro – AE Scuola Una
Organo promessa di piacere nella sua tumescenza, plasmato nelle falloforie con la speranza dell’abbondanza, accompagnato da un alone di misteri nell’iconografia dell’arte e nelle sottili invocazioni della letteratura erotica femminile, ridotto infine a gadget nel mercato del porno, sesso rimane tuttavia per la psicoanalisi un buco.
Un buco che rende inesistente la relazione sessuale, che si scava al posto dell’uguale vanificando la formula matematica dell’equazione.
Organizzatore di scenari fantasmatici per mettere in moto la macchina da presa del fantasma, oliandola di libido che possa far defluire desideri e afferrare lembi di soddisfazione, rimane pur tuttavia al centro del discorso come buco, su cui la pulsione s’incaglia nel suo giro infernale, a spirale, di godimento.
Come già Freud aveva messo ben in luce nei Tre saggi sulla teoria sessuale, nel 1905, questo buco che concerne il sessuale è ciò che suscita nel piccolo la sua spinta a sapere, ma anche ciò che determina quello che definisce “fallimento dell’esplorazione sessuale…che non di rado lascia dietro di sé una durevole offesa della pulsione di sapere”1.
Di fronte a questo buco il parlessere ha come prima risorsa la fabbricazione di un sintomo, come tentativo più o meno maldestro per poter fare con questo cattivo incontro.
L’analisi ci insegna che di questo sintomo che ci accompagna è necessario in qualche modo ricapitolare in un secondo tempo questa spinta alla ricerca e al suo fallimento. Dall’instaurarsi del soggetto supposto sapere come artificio necessario a compiere i necessari giri del percorso analitico, la logica del processo stesso con la constatazione del sintomo e del suo inesorabile ripetersi avvicina ciascuno di noi a questo buco di struttura e al tappo di godimento che lo ottura.
Su questo punto di fallimento, in cui ci si scopre piuttosto Uni tutti soli con il godimento che non fa rapporto, il reale del sesso può farsi presente, in modo nuovo, con l’opportuna perdita che lo accoglie e lo include.
Shessho: un pezzo di reale, che impasta dei suoni, per includere nella pronuncia quel che non va.