La logica del non c’è rapporto sessuale
Cristiano Lastrucci (membro SLP/AMP)


Un adolescente, poco tempo fa, mi dice: “Perché, ad un certo punto, bisogna decidere se essere uomo o donna?”. Questa frase mi colpisce, perché in effetti “in età adulta, è destino degli esseri parlanti suddividersi in uomini e donne”[1]. Non è dunque il sesso a livello biologico, dell’organo, dei gameti, che permette ad un soggetto di definirsi come uomo o come donna.
Freud, alla fine della sua elaborazione teorica, scrisse: “qualcosa che entrambi i sessi hanno in comune è stato costretto ad esprimersi in forme diverse a causa della differenza dei sessi.”[2]
Questo qualcosa è il fallo. Lacan mostra inizialmente come questo significante sia quello che fonda la significazione: “è il significante designato a designare nel loro insieme gli effetti di significato, in quanto il significante li condiziona per la sua presenza di significante”[3]. Detto in altri termini, “il fallo è il significante del potere della significanza”[4]. Nel simbolico gioca la dialettica tra presenza e assenza, cosa che nell’essere umano ha un aggancio nel corpo, nella presenza/assenza di una parte del corpo tra i sessi, che assume valore di significante, appunto il fallo, che struttura il rapporto tra i sessi, che “ruoteranno intorno a un essere e a un avere (…) che producono un effetto contrastante, d’un lato quello di dare realtà al soggetto in questo significante, dall’altro di irrealizzare le relazioni da significare”.[5] L’essere parlante potrà dunque identificarsi come uomo o come donna soltanto attraverso di esso, quindi “il rapporto sessuale non si da senza un terzo termine, il quale è per l’esattezza il fallo.”[6], che non deve essere considerato come un medium, proprio perché non mette in rapporto i due sessi, ma serve ad essi per definirsi:
Esistono quindi due tipi di rapporto a Φ, che Lacan scrive nel seminario XVIII con con  per la donna (la funzione Φx  non può iscriversi per ogni x) ed  per l’uomo (la funzione Φx  non può scriversi per una x esistente)[7], tenendo conto che Φx è il prodotto della relazione tra il significante ed il godimento ed indica quindi la castrazione[8].
Nel seminario XIX proseguirà il suo cammino e scriverà:
Dalla parte sinistra della barra troviamo l’uomo, alla destra la donna. Dal lato dell’uomo abbiamo che almeno uno non è soggetto alla castrazione, condizione necessaria affinché ogni x sia castrata. Occorre cioè un elemento esterno all’insieme per far sì che l’insieme esista, che si possa considerare come tutto: “è dunque a partire da questo esiste uno, in riferimento a questa eccezione, che tutti gli altri possono funzionare”[9]. È mito del padre dell’orda di Totem e tabù di Freud[10]. Questo esiste uno potremmo intenderlo come l’Uno, il tratto unario I, un “Uno di cui ogni significante si supporta, è un Uno-tutto-solo”[11]. Soltanto cancellando questo I possiamo avere lo zero O, “per raffigurarvi un bianco, per rendere visibile la mancanza”[12] ed è a partire da lì che nasce il significante.
Dal lato della donna abbiamo che non esiste una x che non è soggetta alla castrazione e che non per ogni donna vi è castrazione.  Il primo enunciato  non è da considerare equivalente a , come vorrebbe la logica aristotelica, perché “contrariamente all’inclusione di   dell’esistenza del Padre il cui dire di no lo situa in relazione alla funzione fallica, è in quanto in  c’è il vuoto, la mancanza, l’assenza di qualsiasi cosa neghi la funzione fallica che, inversamente, non c’è nient’altro che il non-tutto nella posizione della donna rispetto alla posizione fallica. Ella è in effetti non-tutta[13]. Quindi, a differenza del lato maschile, non esiste un elemento esterno all’insieme che permetta all’insieme stesso di esistere: “il che vuol dire che le donne costituiscono un insieme aperto ed infinito”.[14] È qui che si situa il non-tutta. L’essere parlante si trova quindi, ad un certo punto, di fronte ad una scelta: se posizionarsi, al di là dell’organo anatomico con cui nasce, dal lato del tutto o dal lato del non tutto.
Per concludere e per ricollegarsi al tema del nostro Convegno, possiamo dire che “non c’è rapporto sessuale a livello del reale, perché a questo livello è l’Uno che regna, non il due. Il rapporto sessuale non fiorisce che al livello del senso”[15]. Nel reale esiste il godimento, la ripetizione, ovvero qualcosa che opera fuori-senso.


[1] J. Lacan, Il seminario. Libro XVIII. Di un discorso che non sarebbe del linguaggio, Einaudi, Torino, 2010, p.25
[2] S. Freud, Analisi terminabile ed interminabile, in Opere, vol. XI, Bollati Boringhieri, Torino 1989.
[3] J. Lacan, “La significazione del fallo: Die Bedeutung des Phallus”, in Scritti, vol.II, Einaudi, Torino, p.687
[4] A. Di Ciaccia, J.-A. Miller, L’Uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018, p.73
[5] J. Lacan, “La significazione del fallo: Die Bedeutung des Phallus”, in Scritti, vol.II, Einaudi, Torino, p.691
[6] J. Lacan, Il seminario. Libro XVIII. Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Einaudi, Torino, 2010, p.131
[7] Ib., p.130
[8] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX.  …o peggio, Einaudi, Torino, 2020, p.27
[9] Ib., p.30
[10] S. Freud, Totem e tabù, in Opere, vol. VII, Bollati Boringhieri, Torino 1989.
[11] A. Di Ciaccia, J.-A. Miller, L’Uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018, p.101
[12] J.-A. Miller, La sutura, in Un debutto nella vita, Borla, Roma, 2010, p.97
[13] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX.  …o peggio, Einaudi, Torino, 2020, p.202
[14] Ib., p.261
[15] A. Di Ciaccia, J.-A. Miller, L’Uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018, p.106