Non può essere differente/mente
Silvia Morrone (AE, membro SLP/AMP)
Due parole sulla situazione in Italia: la riattribuzione del genere è regolata dalla legge 14 aprile 1982 n. 164 che indica le “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”. Questa legge si appoggia su un protocollo, che è quello proposto dall’ONIG. Questo protocollo prevede l’affiancamento di un sostegno psicologico per una durata minima di sei mesi, affiancamento che si considera avere una doppia valenza, diagnostica e terapeutica/supportiva.
Una volta accertata la disforia di genere, si passa all’autorizzazione all’avvio della TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva), in accordo con il parere endocrinologico. Lo scopo della TOS è quello di modificare i caratteri sessuali secondari femminilizzando l’aspetto nelle donne MtoF (da maschio a donna) e mascolinizzandolo negli uomini FtoM (da femmina a uomo), e di inibire manifestazioni fisiche proprie del sesso biologico di appartenenza, come, ad esempio, il ciclo mestruale nei soggetti FtoM, l’erezione nei soggetti MtoF.
Dopo un tempo variabile dall’inizio della TOS la persona passa un periodo di tempo variabile, chiamato “Test di vita reale” (Real Life Test), in cui il soggetto modifica progressivamente alcuni tratti, quali l’abbigliamento, con la finalità di poter assumere progressivamente il ruolo del genere di appartenenza non solo nel suo privato ma anche nella vita sociale. Trascorsi due anni (circa) dall’inizio del percorso psicoterapeutico, la persona che intenda cambiare i documenti e accedere alle operazioni chirurgiche dovrà presentare istanza al tribunale di residenza, attraverso un legale, che sarà sostenuta dalle perizie di parte, psicologica ed endocrinologica.
Fino al 2015, in Italia, la RCS – Riconversione Chirurgica del Sesso – era obbligatoria ai fini del cambio di nome sui documenti anagrafici. Da alcuni anni è possibile avere il cambio anagrafico senza dover obbligatoriamente arrivare alla RCS.
Grazie alla psicoanalisi facciamo esperienza del fatto che non si può dire che cosa sia essere uomo o essere donna in quanto si tratta di una questione che non rientra né solo nel campo della biologia, né solo dal lato della cultura.
Nel Seminario XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Lacan sottolinea l’abisso esistente fra ciò che chiamiamo sessualità e le relazioni rivelate dall’inconscio scoperto da Freud. Già in Freud, il sesso non ha nulla a che vedere con la biologia ma piuttosto con i rapporti fra l’uomo e la donna, rapporti la cui stoffa è fatta di sembianza.
Se è vero che viviamo in un’epoca in cui la chirurgia, il progresso della scienza consente di realizzare nel corpo un certo numero di scelte che vanno a modificare gli assetti biologici e le differenze fra i sessi, Jacques Lacan, nel 1971[1], dice che la psicoanalisi dimostra che è impossibile definire cosa è l’uomo e cosa è la donna e dice anche che “(…) nulla indica in modo specifico che è verso il partner dell’altro sesso che deve dirigersi il godimento”[2].
Nel numero 23 di Rete Lacan (23 gennaio 2021)[3] c’è un articolo molto interessante di Miquel Bassols dal titolo Nell’inconscio non esiste la differenza dei sessi, nel quale riprende il fatto che: « non c’è niente nell’inconscio freudiano, niente neanche nelle sue formazioni – sogni, sintomi o deliri – che ci assicura che la differenza tra un essere-uomo e un essere-donna stia scritta in esso. L’inconscio si comporta come se esistesse un solo sesso, ma il problema è di sapere quale. (…) di questa differenza sessuale, nessuna traccia nell’inconscio freudiano, niente di niente. La psicoanalisi si troverebbe a mal partito nel costruire la sua architettura su una differenza della quale non c’è notizia alcuna nell’inconscio ».
Questa indicazione invita a domandarci che cosa intendiamo per differenza quando parliamo del genere, là dove Lacan dice che uomo/donna sono solo dei significanti. E quindi, se di differenza vogliamo parlare, si tratta di differenze che toccano sia il piano significante, che è quello che Lacan ha fatto, ci ricorda Bassols, nel momento in cui ha sostenuto che l’inconscio è strutturato come un linguaggio, ma anche quello del godimento che, come dimostrano le testimonianze di passe, è sempre differente nel senso della sua unicità, di una differenza che non può venire assorbita completamente dal significante.
Lacan ha complessificato il binarismo insito nel linguaggio attraverso la formula “non c’è rapporto sessuale” proprio per dire che ciò che “detta legge” è il fatto che nell’inconscio non c’è traccia della differenza sessuale nel senso della binarietà.
Nel corso degli anni si è sempre più ampliata e diffusa tutta una letteratura specifica sul tema del genere, i gender studies, secondo cui la sottomissione alla norma – rappresentata dalla differenza binaria essere uomo/essere donna – non sarebbe l’unica via di accesso al proprio essere sessuato. Questa letteratura, ma anche ciò che si trasmette tramite il passaparola fra i soggetti, non vede di buon grado l’apporto della psicoanalisi[4] in quanto considera che sia un altro dei canali che hanno come finalità la normatività del genere, cioè l’accompagnamento dei soggetti “deviati” verso la soluzione binaria del genere – per chi è interessato può veder su YouTube l’intervento di Paul Preciado alle 49e Journée dell’ECF, Femmes en psychanalyse nel 2019.
A partire dall’esperienza clinica, spesso si tratta di persone che non vogliono né liberarsi dell’organo “che eccede”, né aggiungere “quello che manca” e quindi si affidano alla terapia ormonale, che di per sé costituisce già una sorta di stabilizzazione soggettiva, sia sul versante della femminilizzazione che della mascolinizzazione, e, eventualmente, a piccoli ritocchi di chirurgia estetica.
L’insegnamento di Freud e Lacan permette di cogliere che il corpo non si riduce all’organismo vivente e che c’è corpo quando il vivente si annoda al linguaggio. Ma il modo in cui questo si produce non è uguale per tutti, non è standardizzato, in quanto l’effetto di questo annodamento è, fondamentalmente, che il corpo, vitalizzato dal linguaggio, diventa il luogo per eccellenza in cui “qualcosa non va”, non si armonizza mai, neppure quando ci si riconosce nel sesso e nel genere di nascita.
Da questo punto di vista, è interessante quello che troviamo nel capitolo II del Seminario XVIII – Di un discorso che non sarebbe del sembiante, dove Lacan parla delle difficoltà incontrate da Stoller (il primo che, nel 1968, introdusse la distinzione genere-sesso) nella spiegazione di quei casi di omosessualità maschile in cui le persone dicevano di “sentirsi donna in un corpo di uomo”: “Una delle cose più sorprendenti è che l’aspetto psicotico di questi casi viene completamente eluso dall’autore in mancanza di ogni punto di riferimento, non essendogli mai giunta alle orecchie la forclusione lacaniana, che spiega immediatamente e senza difficoltà la forma di questi casi”.[5] In questo Seminario, Lacan si occupa di transessualismo a partire da due precisazioni: 1) la sessualità, come la differenza uomo-donna, non si appoggia solo sulla biologia, cioè sulle combinazioni cromosomiche, ma sul linguaggio; 2) non possiamo trattare le questioni che toccano le differenze sessuali senza gli strumenti clinici per fare una diagnosi differenziale tra nevrosi e psicosi.
Lacan parla di pousse-à-la femme nel 1957 e la considera una “teoria del partner sessuale nella psicosi”[6]. Con questo concetto, egli sposta l’ipotesi freudiana secondo cui la causalità sessuale della psicosi è l’omosessualità inconscia, ipotesi che Freud applica al caso del presidente Schreber. L’ipotesi di Lacan è che là dove il soggetto nevrotico ha il significante per rappresentarlo nell’interlocuzione con l’Altro del godimento, il soggetto psicotico presenta una carenza. Per questo motivo il soggetto psicotico si trova confrontato con un godimento che, nel caso del Presidente Schreber, si presenta dell’ordine di una voluttà che culmina con la frase Sarebbe davvero bello essere una donna che soggiace alla copula. Di fronte all’impossibilità della psicosi di fallicizzare l’organo, di “umanizzarlo”, l’Entmannung, l’evirazione, può diventare l’unica soluzione possibile al soggetto, qualcosa che possa “fare funzione” di Φ°.
Il riferimento alla psicosi che Lacan fa prendendo spunto dal caso del Presidente Schreber più che puntare a mettere in rilievo una psicopatologica, mi sembra cerchi piuttosto di mettere in luce di quali risorse soggettive dispone il soggetto di fronte al fatto che ci sarà sempre qualcosa che non si armonizza.
Per la psicoanalisi non è questione di verità o falsità sul piano del detto “uomo/donna da sempre”, ma di far sì che “il progetto transessuale”[7] possa funzionare per un soggetto come soluzioni mai assoluta.
La caduta dei sembianti ha messo ancora più in rilievo la dimensione non binaria dell’identità sessuale ed il fatto che, pur non appoggiandosi più alla funzione del Nome-del-Padre, essa domanda, comunque, di essere riconosciuta dall’Altro anche se in una modalità, come dice Jacques-Alain Miller nel corso L’Uno-tutto-solo[8], non tanto dal lato dell’“l’uno con l’Altro” ma piuttosto dell’“l’Uno senza l’Altro”.
Da questo punto di vista, mi sembra che possano funzionare come una bussola le parole di Bassols quando dice: « Ogni essere umano è “trans”, che sia transfuga, transumante, in transito o in transfert da un luogo ad altro. Perché sempre “un luogo” e “altro luogo” possono solo definirsi ciascuno precisamente tramite la propria differenza, dell’uno con l’altro »[9].