Destini dell’anatomia
Alfredo Zenoni (AME, membro ECF, AMP)


Il celebre enunciato freudiano “L’anatomia è il destino” [1] è tutto sommato preso sul serio solo dai neuroscienziati, perché suppongono l’esistenza di un “modello animale” del comportamento. Tale professore di fisiologia dell’Università di Oxford, per esempio, che studia il comportamento sessuale della mosca drosofila  di cui vuole isolare i fondamenti neuronali, pone come quadro generale della sua ricerca  che “i maschi, di qualsiasi specie animale, corteggiano le femmine” [2], senza che nessuna eccezione, il comportamento sessuale umano per esempio, venga a scalfire la sua convinzione. Altrove, è alla biochimica che si affida il compito di svelarci le leggi che presiedono all’accoppiamento maschio-femmina nella specie umana. Non c’è una rivista che non abbia dedicato un articolo ai feromoni come responsabili dell’attrazione esercitata dagli uomini sulle donne, salvo sfumare questa ipotesi con qualche condizionale.
Dal lato opposto, l’enunciato freudiano è preso come la condensazione stessa di ciò che è denunciato nella psicoanalisi da tutte le correnti di pensiero che rifiutano, in un modo o in un altro, la differenza sessuale e il cosiddetto “patriarcalismo” eterosessuale che ne deriverebbe.
Ora, questo enunciato non può essere letto se non nel contesto di altri enunciati di Freud sull’argomento. L’abolizione della biologia come fattore causale, come fattore determinante della condotta sessuale nell’essere umano, il fatto che non sia  possibile dedurre dalla natura anatomica o cromosomica del sesso di un individuo quali saranno le sue preferenze in materia di sessualità, tutto questo è affermato o chiaramente sottinteso in diversi passaggi dell’opera di Freud. Per esempio, quando dice che “le differenze [biologiche] di sesso  non possono pretendere ad alcuna caratterizzazione psichica particolare” [3], e cioè non prescrivono alcun comportamento; oppure quando più in là, in una conferenza su La femminilità sottolinea che “ciò che costituisce la mascolinità o la femminilità sia un carattere sconosciuto, che l’anatomia non è in grado di cogliere”; e che “non potete dare alcun nuovo contenuto ai concetti di  ‘maschile’ e  ‘femminile’. La distinzione non è psicologica” [4]. È come se Freud facesse valere che è specialmente nel registro della sessualità che l’assenza di un regime deterministico del comportamento si fa più manifestamente sentire. Insomma, l’uso che l’individuo farà della propria anatomia, il senso che le attribuirà o che gli altri le attribuiranno nel corso della sua vita, costituirà il destino dell’anatomia stessa. Tuttavia, l’anatomia non evapora puramente e semplicemente, è a un altro livello, diverso dal biologico, che essa ha un’incidenza sulla sessuazione.
Lacan lo dice chiaramente : “Freud ci dice: L’anatomia è il destino. Lo sapete bene, in certi momenti mi è capitato di protestare contro questa formula per quello che ha di incompleto. Essa diventa vera se diamo al termine anatomia il suo senso stretto e, se così posso dire, etimologico, il quale mette in rilievo, ana-tomia, la funzione del taglio” [5], da intendere come taglio significante. Quindi la formula di Freud non è sbagliata ma è incompleta, gli manca di inserire
“la sessualità […] nelle reti della costituzione soggettiva, nelle reti del significante […]” [6].

L’ “esclusione dell’ organo specificamente maschile”
Il passaggio per queste reti sgancia l’essere parlante da ogni determinazione biologica del comportamento, ciò non lo sgancia tuttavia dal suo corpo. L’essere parlante non è un soggetto trascendentale, a priori, che plana al di sopra di un ventaglio di sessualità, fra le quali non avrebbe che da scegliere, ma un essere che ha un corpo, un corpo sessuato,  “maschio” per esempio, salvo  “senza sapere che cosa farne” [7]. In altre parole, se il dato anatomico è quello che è [8], per quanto riguarda il suo uso, il parlessere non é dotato di un’istruzione per l’uso corrispondente: non c’è niente che rappresenti  “nel soggetto il modo nel suo essere di ciò che è maschio o femmina” [9], niente nell’inconscio corrisponde a una bipolarità sessuale [10] e ancora meno, se si può dire, a una formula qualsiasi di rapporto tra i due sessi.
Al posto di un binarismo naturale, condizionante il comportamento sessuale dell’individuo [11],  è un’opposizione al livello di una parte dell’anatomia apparente, percettiva, quella dell’organo peniano che viene a giocare un ruolo nella caratterizzazione parlata dell’individuo come uomo o donna [12]. Quello che sfugge ai teorici del gender, e a qualche altro,  è il fatto che, se effettivamente l’anatomia non ha nessun ruolo nella determinazione del comportamento, essa ne svolge uno nel regime reale, simbolico e immaginario (R.S.I.) che caratterizza la condizione umana, in rapporto alla nominazione. Il dato anatomico apparente dell’organo peniano – non modificabile dalla psicoanalisi alla stregua degli altri dati anatomici [13] –  è preso in un dire, in un processo di significantizzazione e diventa criterio di un’alternativa parlata ( “li si distingue, non sono loro che a distinguersi” [14], sottolinea Lacan ) che introduce un altro tipo di differenza al posto della differenza biologica naturale. Si produce un’inversione della “differenza dei sessi al naturale, in sessualizzazione della differenza organica […] che implica il comune denominatore dell’esclusione dell’organo specificamente maschile” [15]. E cioè, una parte dell’anatomia si mette a valere in funzione della sua privazione. Il “non c’è pene” della madre o della donna (che è concepibile solo in un universo simbolico) trasforma il dato anatomico in significante, il fallo [16], “il quale [nell’ essere umano] non consiste meno in ciò che ha di femminile che in ciò che ha di detto maschile; un fallo – come l’ho illustrato con quella breve visione poc’anzi – valendo la sua assenza” [17].  E’ quella che si può chiamare, con Jacques-Alain Miller, la “bisessualità” del fallo [18].
Il fallo costituisce allora il criterio di sembiante, “il punto di mito” [19] alla base di una ripartizione – che non è prescritta dai cromosomi ma è dovuto al discorso – tra un lato uomo e un lato donna degli esseri parlanti. Tale ripartizione, in un primo momento, è formulata in termini di essere o avere [20] (il fallo), rendendo insostenibile ogni riferimento a un modello etologico o a una qualsiasi forma di binarismo sessuale e proiettando piuttosto il comportamento di ognuno dei sessi in un registro di commedia [21]. In un secondo tempo, quando il fallo diventa funzione fallica, tale ripartizione si trasformerà, mediante un trattamento più logico, in una differenza tra modalità di godimento: un godimento fallico, per tutti quanti (uomini e donne indistintamente) e un altro godimento “supplementare” [22], femminile – perché scorto dapprima nelle donne – per non tutti [23]. Da un lato, un regime dell’universale e del localizzato; dall’altro, un regime del singolare e del non localizzato, riguardo al godimento. Capita così che ci possa essere “donna color d’uomo, o uomo color di donna” come l’enuncia Lacan [24].

Sessualità multiple
“[…] la parola funziona a un livello di cui il discorso psicoanalitico ha scoperto la preminenza, specificando l’essere parlante, in tutto ciò che è dell’ordine del sesso, vale a dire il sembiante” [25]. Poiché abolisce ogni pulsione genitale naturale [26],  l’intervento del significante fallo è appunto ciò che non permette la formulazione di un rapporto sessuale tra i due lati della sessuazione. Il fallo è anzi la causa e la maschera allo stesso tempo dell’assenza di rapporto sessuale,[ 27] ciò che causa il non-rapporto sessuale e allo stesso tempo ciò che lo nasconde. Scombussola il funzionamento “naturale” della sessualità, ma si dà per il suo funzionamento “normale” (“norme mâle”), perchè se il fallo costituisce il criterio di ripartizione delle “identificazioni sessuate” [28], è anche ciò che limita il godimento nella relazione di coppia al godimento del proprio corpo. Esso costituisce l’ostacolo affinché il godimento sia relazionale: “[…] passato a significante”, il fallo “scava il posto dal quale prende effetto per il parlante […] l’inesistenza del rapporto sessuale” [29]. Insomma, se gli esseri parlanti hanno un rapporto in ogni caso disturbato con il sesso, è a causa del fallo.
Di conseguenza, l’impasse non si supera con una formula ideale di rapporto sessuale (la “genitalità dei” nostri colleghi IPA), impossibile da scrivere, ma con un certo divenire sintomo del partner, qualunque egli sia, vale a dire con il suo divenire mezzo di godimento, in più del fallo. Al rapporto che non si può scrivere in una formula può solo supplire un certo saperci fare singolare con il corpo dell’altro. Di questo il parlessere potrà “farsi una condotta” [30]. Un godimento “supplementare” rispetto al godimento fallico e senza rappresentazione nell’inconscio, un godimento che si prova senza che se ne possa dire altro fa allora funzione di rapporto.
È l’abolizione originaria, non del dato anatomico, ma di un’essenza naturale dei sessi, di un principio maschile e di un principio femminile (yin e yang) e quindi di una loro bipolarità, che dà luogo a una molteplicità di condotte nella sessualità dei parlesseri. Tranne che questa molteplicità non rileva da una condizione primordiale “polimorfica” del godimento, antecedente in qualche modo al binarismo sessuale, ma è appunto la conseguenza dell’inesistenza di questo binarismo stesso.
“La sessualità è senza dubbio alcuno al centro di tutto ciò che avviene nell’inconscio. Ma è al centro in quanto è una mancanza” [31].   La polimorfia viene al posto di un buco. Omosessualità, eterosessualità, bisessualità, “terzo genere”, asessualità, “parafilie” diverse (qualunque sia il modo in cui le si voglia chiamare) costituiscono altrettante “condotte”, ciascuna con le proprie impasses, che suppliscono all’abolizione della bipolarità naturale dei sessi che caratterizza la specie dei parlanti.
A causa del fallo, insomma, il rapporto sessuale è sostituito dalla formula di un legame sessuale fatto di arrangiamenti, di bricolages, di gusti personali che suppliscono alla formula impossibile. Il “naturale” del rapporto sessuale che non esiste nella specie parlante è sostituito – in modi diversi a seconda che includa o meno la significazione del fallo – con diverse forme “culturali” di relazione con un partner in quanto incarna un modo di godere allo stesso titolo di un sintomo. Ed è per questo che il rapporto tra partner è comunque  “intersinthomatico” [32].

Una faccenda di scelta
L’abolizione di ogni determinismo biologico ha quindi come conseguenza  che essere uomo e essere donna, o essere né l’uno né l’altro, acquisisce in qualche modo un carattere facoltativo. È il risultato di una scelta. Una scelta forzata [33], certo, perché si tratta di scegliere ciò che si dice che siamo. Ma questa scelta forzata, atemporale, insondabile è una vera scelta, come lo prova il fatto che si possa rifiutare o rigettare il significante fallo [34],  o interpretarlo a modo proprio, oppure semplicemente non essere del tutto sicuri della propria sessuazione. È in questo senso che Lacan poteva dire che “l’essere sessuato si autorizza solo da se stesso” [35] e da qualche altro. E che “[…] non c’è responsabilità se non sessuale […]” [36] : in mancanza di un software specifico per la sessualità, c’é solo da risponderne, dice Jacques-Alain Miller, tranne che la risposta non può essere che sintomatica [37].
Per questo motivo, più che di sesso, nell’essere parlante si tratta di sessuazione, e cioè di un divenire, di qualcosa che è tributario degli incontri e delle vicissitudini di una storia, di ciò che ne risulta, se si vuole, come destino. Essere uomo o essere donna o non essere né uomo né donna, non è un dato di partenza, bensì un processo di soggettivazione. Da qui l’incidenza sulla sessuazione dei parlesseri dei primi partner incontrati nello spazio famigliare, quegli stessi che sono interdetti e al contempo investiti in maniera primordiale. L’assenza di binarismo sessuale innato vuole anche dire che l’oggetto ‒ nella “scelta d’oggetto” ‒ consiste ugualmente nel fatto che esso rimpiazza, secondo configurazioni diverse, un primo oggetto, insostituibile e interdetto allo stesso tempo, e che l’incesto contamina quindi più o meno sempre le relazioni o i legami sessuali qualunque essi siano tra gli essere parlanti.


[1] S. Freud, Contribut alla psicologia della vita amorosa [ 1910-1917], in Opere, vol. 6, Boringhieri, Torino 1974, p. 431.

[2] G. Miesenböck, De la lumière dans le cerveau, Pour la science, n° 376, p. 39.

[3] S. Freud, L’interesse per la psicoanalisi, [1913], in Opere, vol. 7, Boringhieri, Torino, p. 265.

[4] S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), [1932], Lezione 33. La femminilità,  in Opere, vol.11, Boringhieri, Torino 2012,  p. 221.

[5] J. Lacan, Il Seminario. Libro X. L’angoscia [1962-1963], Einaudi, Torino  2007, p. 256.

[6] J. Lacan, Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964],  Einaudi, Torino 2003, p . 171.

[7] J. Lacan, Il Seminario Libro XX. Ancora [1972-1973], Einaudi, Torino 2011, p. 68.

[8]  “Checché se ne pensi, di sessi ce ne sono solo due: gli uomini e le donne”.  J. Lacan, Il Seminario. Libro XIX.  …o peggio [1971-1972], Einaudi, Torino 2020, p. 151 ; « [ …] quel che c’è di reale nel fatto che […] i sessi sembrano suddividersi in due numeri più o meno uguali di individui”.  Ivi,  pp. 9-10.

[9] J. Lacan, Posizione dell’inconscio [1966], in Scritti, Einaudi, Torino 1974, vol. II,  p. 852.

[10] Cfr. J. Lacan, Il Seminario. Libro XVIII. Di un discorso che non sarebbe del sembiante [1971],  Einaudi, Torino 2010, p. 60; e  “noi non sappiamo che cosa siano l’uomo e la donna”.  Il Seminario XIXo peggio, op. cit.,p. 34.

[11] Solo la Chiesa cattolica si basa sulla costituzione biologica diversa degli organismi maschili e femminili per dedurne un ruolo, una missione e delle caratteristiche psichiche differenti.  Cfr. La lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione tra l’uomo e la donna nella Chiesa e nel mondo del Cardinale J. Ratzinger, consultabile al seguente indirizzo: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfa.

[12] Non ci si basa sulla struttura cromosomica del bambino per dire che è un bambino o una bambina.

[13] Cfr. J.-A. Miller, La natura dei sembianti, in La Psicoanalisi, n. 18, Astrolabio, Roma 1995, p. 176 e sgg.
Riccardo III è nato con un bernoccolo. È  l’interpretazione che il futuro Riccardo III darà a questo dato, innegabile, che ne farà il suo destino. Cfr J-A. Miller, L’esperienza del reale nella cura analitica, in La psicoanalisi, n.27, p. 149 e sgg.

[14] J. Lacan,  Il Seminario. Libro XIX  …o peggio, op. cit.,  p. 10.

[15] J. Lacan,  Il Seminario. Liibro XVII. Il rovescio della psicoanalisi [1969-1970],  Einaudi, Torino 2001, p. 93.

[16] “[ …] quella mancanza di pene della madre in cui si rivela la natura del fallo.”  J. Lacan, La scienza e la verità [1966], in Scritti, op. cit.,  p. 882.

[17] J. Lacan, Le Séminaire.  Livre XXII, R.S.I., séance du 11 mars 1975,  Ornicar ?, n° 5. Trad. it. dell’autore.
Lacan fa allusione a un piccolo film di Jenny Aubry, che aveva appena evocato, in cui si mostrava la reazione di un bambino, maschio o femmina, non si sa, che di fronte allo specchio, passava la mano davanti al proprio sesso.

[18] J.-A. Miller, La natura dei sembianti, in La Psiconalisi,  n.18, Astrolabio, Roma 1995, p.130 e sgg.

[19] J. Lacan, Radiofonia [1970], in Altri scritti,  Einaudi, Torino 2013, p. 408.

[20] J. Lacan, Il Seminario. Libro XVIII. Di un discorso che non sarebbe del sembiante, op. cit.  p. 61.

[21] Cfr. J. Lacan, La significazione del fallo [1958], in Scritti, op. cit., pp. 682-693.

[22] J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora, op. cit., 69.

[23] A. Di Ciaccia, Il reale del sesso, consultabile al seguente indirizzo :  https://www.slp-cf.it/ouverture/#art_2

[24] J. Lacan, Il Seminario. Libro XXIII. Il Sinthomo [1975-1976], Astrolabio,  Roma 2006, p. 112.

[25] J. Lacan, Il mio insegnamento e io parlo ai muri, a cura di Antonio Di Ciaccia, Astrolabio, Roma 2014 p. 130.

[26] J. Lacan, R.S.I., seduta del 17 dicembre 1974, Ornicar ?, 1975,  n° 2, p. 105.

[27] J. Lacan, Le Séminaire. Livre XXI. Les non-dupes errent, inedito, lezione del 12 febbraio 1974.

[28] Ivi, lezione del 9 aprile 1974.

[29] J. Lacan, Lo stordito [1973], in  Altri Scritti, Torino Einaudi, 2013, p. 453.

[30] Cfr. E. Laurent, L’unarisme lacanien et le multiple des conduites sexuelles, in Lacan quotidien, n° 865, dove l’autore si riferisce à un passaggio  de Lo stordito, op. cit., p. 485.

[31] J. Lacan,  Il mio insegnamento e io parlo ai muri, a cura di Antonio Di Ciaccia, op. cit.,  p.113.

[32] J. Lacan, Conclusioni al IX congresso de l’Ecole freudienne de Paris, in La Cause du désir, n.103, 2019, p.23.

[33] Così come la scelta tra la borsa o la vita. Ma si può sempre scegliere la borsa.

[34] “ È in quanto significante, e non in quanto organo, che il transessuale la rifiuta, la piccola differenza […]”. J. Lacan. Il Seminario. Libro XIX. … o peggio, op. cit., p. 11.

[35] J. Lacan,  Les non-dupes errent, inedito, lezione del 2 aprile 1974.

[36] J. Lacan, Il seminario. Libro XXIII. Il sinthomo, op. cit.,  p. 60.

[37] Cfr. J.-A. Miller, Pezzi staccati, a cura di Antonio Di Ciaccia, Astrolabio, Roma 2006.