Il numero è un reale
Zero…uno… due… tre…e quattro
Isabel Capelli  (Membro SLP/AMP)


Nel nostro approccio del campo freudiano come entra e gioca questo reale?
Freud ha creato la teoria e la pratica psicoanalitica interrogando come, quando, quanto e perché la parola incide sul corpo. Per lui l’analisi delle formazioni dell’inconscio deve arrivare a un punto preciso del ricordo che è in rapporto alla precisione del numero.
Il sesso, la sessualità, la sessuazione entrano nella vita degli esseri parlanti attraverso il significante. L’inconscio è un sapere fatto dalla corrispondenza dei significanti tra loro. “Un sapere in cui si cerca una risposta alla domanda: cos’è il rapporto sessuale?”[1]. Un sapere attorno ad un luogo di non sapere, vale a dire, ogni essere parlante inventa una risposta possibile a questo luogo del non c’è rapporto sessuale.
Dall’inizio per Freud è un sapere legato alla soddisfazione, una singolare soddisfazione al di là del principio di piacere. Il significante serve al dire che è la mansione del godimento.
Jacques-Alain Miller ci spiega perché Lacan usa la logica matematica soprattutto nella decade degli anni 60, quando dice che l’inconscio è strutturato come un linguaggio: perché la logica non prende in conto gli effetti di significato, anzi gli svaluta [2].
La logica permette di scoprire il funzionamento e la combinatoria di questo sapere particolare e di  sviluppare tanti temi della teoria come la ripetizione, l’identificazione, la castrazione, il desiderio, eccetera.
Con la logica entra il necessario, la contingenza, la probabilità e l’impossibile. Entra l’indicibile che è al cuore dell’esperienza.
Quando nasce un bambino è il discorso familiare ad accoglierlo, cioè una densa trama tessuta nel lessico e con la lalingua dei genitori, una maglia sempre attiva e produttiva che dà luogo nel reale, nel simbolico e nell’immaginario a un soggetto effetto del linguaggio.

Zero
In generale nelle nostre discussioni teoriche non teniamo in conto lo zero, mentre risulta imprescindibile alla logica, alla filosofia, ma soprattutto al campo della psicoanalisi, che è un campo in rapporto alla verità.
Leggiamo Miller nel suo saggio intitolato La sutura :
“La verità è. Ogni cosa è identica a sé. Perché il numero passi dalla ripetizione dell’1, dell’identico alla sua successione ordinata, perché la dimensione logica conquisti decisamente la sua autonomia, bisogna che, fuori da ogni rapporto con il reale appaia lo zero.
La sua apparizione si ottiene perché la verità è. Zero è il numero assegnato al concetto «non- identico -a – sé».  […] Se non ci sono cose che non siano identiche a se stesse, è perché la non identità a sé è contraddittoria con la dimensione stessa della verità” [3].
Si tratta di mettere in rapporto la costituzione e la progressione dei numeri interi con la funzione del soggetto dell’inconscio, funzione che troviamo nella ripetizione.
Perché cercare nei numeri il reale?  Forse per trovare ancora, come il significante sia la sostanza da cui attinge.

Uno
L’Uno del filosofo, del matematico, del poeta, l’uno del bambino. Siamo abituati a vedere l’uno che accompagna come indice la lettera S, S1 il significante padrone, il significante maitre. È un’esigenza della nostra clinica orientata dal sintomo, di verificare se c’è questo significante uno nel soggetto. Che cosa vuol dire? Vuol dire che nell’inconscio come sapere c’è un significante del sesso – che con Freud chiamiamo il fallo – che non si oppone a nessun altro significante e ha il valore di una significazione (Bedeutung). Si tratta di verificare se è iscritto un significante che possa funzionare come punto di allacciamento tra godimento e senso. Una chiave, un punto di riferimento per il corpo come abitazione dell’essere uomo o essere donna.
Nel Seminario XIX Lacan dice: “Il punto vivo, il punto di emergenza […] è quel rapporto disturbato con il proprio corpo che si chiama godimento” [4].
L’Uno che s’incarna nel corpo “[…] il corpo in quanto si gode” [5] mette in mostra che nell’inconscio non c’è la differenza sessuale e pertanto non può essere adatto alla relazione.
In questo specifico rapporto tra i significanti troviamo questa insistenza: Y ad’lun …C’èd’l’Uno.
Qui però “non siamo più all’Altro del significante che è il corpo ma: “[…] ciò che è messo a nudo nel reale è la congiunzione dell’Uno e del corpo” [6].

Due
Il due nella teoria è sempre correlato al grande miraggio fascinatorio dell’essere Due in Uno. Il due è correlato ai fenomeni del doppio che lanciano il soggetto in una metonimia interminabile legata tra l’io e l’immagine dell’altro i(a).  Però, per il campo che vogliamo circoscrivere con i numeri, la questione del sesso si confronta con due mancanze.
Se si deve abbordare la riproduzione si deve passare dal due. Due sessi. Due gameti. La riproduzione assistita, sebbene prenda sempre in conto il due, le due cellule, lascia fuori la sessualità.
Alla mancanza introdotta dal simbolico, che si esprime nel dire essere uomo o essere donna, si sovrappone una seconda mancanza.
Lacan dice: “La mancanza reale è ciò che il vivente perde, della sua parte di vivente, nel riprodursi attraverso la via sessuata. […] il vivente, in quanto soggetto al sesso, è caduto sotto il dominio della morte individuale” [7].
Nel dare la vita nella riproduzione si dà anche la morte.

Tre
“[…] bisogna essere in tre per amare e non in due soltanto  […]” [8]. Così Lacan ci ricorda nel Seminario VIII quanto rigore serve per abbordare gli affari di amore nel Simposio di Platone.  Il terzo, il triangolo come figura nel piano è la struttura così come si riconosce nello schema L. Il tre è la configurazione scelta da Freud.
Nell’ordine simbolico il mito di Edipo colloca i protagonisti nella funzione  dell’immagine e in una dialettica che è insita nel tre. Ma è soprattutto nel Seminario VIII, quando Lacan esige andare oltre l’immaginario del rapporto narcisistico per interrogare la funzione di A. “[…] l’Altro è qui unicamente interessato come il luogo a partire da cui si costituisce il perpetuo riferimento dell’io, nella sua patetica oscillazione […]” [9].
Riguardo al numero tre, oltre  ai tre registri (R S I)  non possiamo lasciar fuori la questione del tempo
logico che distingue l’istante di vedere, il tempo per comprendere e il momento di concludere.

Quattro
Come ricorda Miller: “Lacan ha un gusto speciale per il numero quattro”, per esempio in Kant con Sade dice che un’articolazione con quattro termini è sempre richiesta. L’insistenza sulle articolazioni a quattro si è mantenuta lungo tutta la sua opera” [10].
Il “quadripode” termine inventato da Lacan, lui stesso ci dice perché l’ha scelto: “Notate bene che mettere quattro punti a uguale distanza è il massimo che possiate fare nel nostro spazio” [11]. “È questa la topologia fondamentale da cui risulta ogni funzione della parola” [12].
La questione dell’equivalenza, della distanza e la matematizzazione dei posti servono alle proprietà dello schema dei discorsi per pensare la causa, l’altro, la verità e la produzione.
Inoltre, il quattro è la geniale invenzione dell’oggetto piccolo a, un elemento che è quella parte di godimento disgiunta dal sapere ma che funziona come significante. L’oggetto piccolo a è ciò che lascia sempre qualcosa a desiderare.


[1] J.-A. Miller, El banquete de los analistas, in Los cursos psicoanaliticos, Paidos, Bs. As. 2000, p.75, [trad.it. dell’autore].

[2] Cfr. J.-A. Miller, Seminario la logica del significante, Matemas, Bs. As. 2000, p.9. [trad. It. dell’autore].

[3] J.-A. Miller, La sutura, in Un debutto nella vita, Borla, Roma 2010, pp. 96-97.

[4] J. Lacan, Il Seminario. Libro XIX. … o peggio, [1971-1972], Einaudi, Torino 2020, p.37.

[5] J.-A. Miller e A. Di Ciaccia, L’Uno-Tutto-Solo, Astrolabio, Roma 2018, p.168.

[6] Ivi, p. 167.

[7] J. Lacan, Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], Einaudi, Torino 2003, p. 201.

[8] J. Lacan, Il Seminario. Libro VIII. Il transfert [1960-1961], Einaudi, Torino 2008, p. 147.

[9] Ivi, p. 387.

[10] J.-A. Miller, Seminario del Campo Freudiano de Madrid [1989-1990], Sesion de aperture, Los cuatro conceptos fondamentales del psicoanalisis, inedito.

[11] J. Lacan, Il Seminario. Libro XIX. … o peggio, [1971-1972], cit., p. 60.

[12] Ivi, p.61.