Il reale del sesso.
Antonio Di Ciaccia – AME SLP, AMP
Quando c’è un collegamento determinativo, come nella frase Il reale del sesso, è sempre utile esercitarsi, ricorda Lacan, poiché può avere due sensi completamente opposti.
Il desiderio di un bambino – per esempio – se lo leggiamo come genitivo oggettivo vuol dire che un bambino viene desiderato, mentre se lo leggiamo come genitivo soggettivo vuol dire che c’è un bambino che desidera. Lacan porta anche un altro esempio: La legge del taglione. Può voler dire istituire il taglione come legge e può voler dire ciò che il taglione articola come legge, ossia occhio per occhio e dente per dente1.Esercitiamoci dunque con il titolo del nostro futuro convegno: Il reale del sesso.
Il reale del sesso, se lo leggiamo per un verso, vuol dire reperire ciò che è reale nel sesso.
Se lo leggiamo per un altro verso, vuol dire reperire ciò che è reale a partire dal sesso.
In ambedue i casi come sottofondo c’è la questione che si pone Lacan: qual è la funzione del sesso in psicoanalisi?
Partiamo dal primo verso: ciò che è reale nel sesso.
Cito Lacan: “Non c’è il minimo dubbio che il sesso sia reale. E la sua struttura è il duale, il numero due. Checché se ne pensi, di sessi ce ne sono solo due: gli uomini e le donne”2.
Chiaro, dunque: il sesso reale concerne gli uomini e le donne.
Qui Lacan sembra andare a braccetto con le concezioni correnti, addirittura quelle triviali e che crediamo esserci suggerite dalla natura, eventualmente prendendo come metro quello che egli chiama “il modello animale”3.
Modello che farebbe sì che sul piano sessuale ci sarebbe un rapporto articolabile, tra quello che va bene a coloro che sono di uno stesso sesso e quello che va bene a coloro che sono dell’altro sesso.Però Lacan, dopo aver dichiarato che di sessi ce ne sono solo due continua: “Ci si ostina ad aggiungere gli alverniati, ma è un errore. A livello del reale non ci sono gli alverniati”4.
Che diamine centrano gli alverniati, questi popolani della regione del Massif Central che è l’Auvergne?
Cercando di qua e di là ho trovato una probabile risposta. Nel 1781, all’occasione della battaglia di Wethersfield, foriera della presa di New York, al generale Georges Washington, che si meravigliava come i soldati francesi si battessero come degli uomini e danzassero come delle donne, il generale Jean-Baptiste Donatien de Vimeur conte di Rochambeau, capo delle truppe alleate dei coloni americani nella guerra di liberazione dagli inglesi, avrebbe risposto: non sono né uomini né donne, sono degli alverniati.
Lacan ricorre a questa battuta per chiarire il versante sesso reale, e ribadisce: nel sesso reale non ci sono gli alverniati, ci sono solo uomini e donne. Punto e basta. A livello del versante del sesso reale la struttura è rigorosamente duale.
Tuttavia precisa due piani.
Primo piano.
Cito: “Quando si tratta di sesso, si tratta dell’altro sesso, anche nel caso che gli si preferisce il proprio, [ossia il medesimo]”. Insomma c’è il sesso, quello che è il proprio, il medesimo, e poi c’è l’Altro, l’Altro sesso, quello che, altrove, egli chiama l’Eteros.
Se a livello del sesso reale la struttura è rigorosamente duale, il duale non è però quello che si pensa. In che cosa consiste questo duale?
Lo vedremo, dopo il detour che ci obbliga a fare la battuta del conte de Rochambeau.
Questa battuta permette a Lacan di chiarire il secondo punto. Il conte de Rochambeau attribuisce ai suoi soldati il termine che conviene: sono solo dei significanti.
Lacan è più esplicito ancora quando spiega perché si fosse rifiutato a far da spalla a Simone de Beauvoir per il suo libro Il secondo sesso. Praticamente Lacan le dice: cara la mia ignorantuccia (andate a vedere e constaterete che non mi scosto di molto da quanto le aveva detto), insomma, le dice, cito: “Non c’è un secondo sesso a partire dal momento in cui entra in funzione il linguaggio”5.
Eccoci arrivati al dunque.
Nel linguaggio non c’è un secondo sesso. Mentre due leoncini sono del tutto simili finché non viene loro la fregola – l’esempio è di Lacan –, il maschietto e la femminuccia sono fin dall’inizio totalmente diversi tra di loro, poiché, differentemente dai leoncini, è come significanti che essi assumono un sesso6.
Certo, “la piccola differenza c’era per i genitori già da un sacco di tempo, e ha già potuto esercitare degli effetti sul modo in cui sono stati trattati l’ometto e la donnina”7, continua Lacan. E quando le cose non quadrano si dirà per l’una: è un vero maschiaccio8, e per l’altro si dirà, almeno a Napoli, è una femminiella.
Questa piccola differenza passa, cito: “subdolamente nel reale con la mediazione dell’organo, precisamente in quanto questo cessa di essere preso come tale e al tempo stesso rivela che cosa voglia dire essere un organo: un organo è strumento solo per il tramite di ciò su cui si fonda ogni strumento, e cioè il fatto di essere un significante”9.
La piccola differenza è dell’ordine del significante.
Lacan qui porta un esempio, quello del transessuale. Cito: “È in quanto significante, e non in quanto organo, che il transessuale la rifiuta, la piccola differenza, patendo di un errore che è esattamente l’errore comune. La passione del transessuale è la follia di volersi liberare di questo errore, l’errore comune di non vedere che il significante è il godimento e che il fallo è soltanto il suo significato”10.
Lacan porta anche l’esempio dell’omosessualità femminile. Ma in realtà tutti gli esseri parlanti, uno per uno, hanno un rapporto più o meno disturbato con il fallo, tanto che si potrebbe dire, senza ridere, che ci sono tante forme sessuali quanti sono i parlesseri.
Da qui Lacan potrà avanzare, com’egli dice, questa verità: “che il sesso non definisce alcun rapporto nell’essere parlante”11.
Ecco quello che chiama non c’è rapporto sessuale.
È questo il secondo senso che ha “il reale del sesso”: a partire dal sesso il reale è che non c’è rapporto sessuale.
Tutta la lista che il Consiglio ci ha trasmesso per il futuro Convegno rientra in questa categoria. Leggetela e vedrete.
Perfino l’amore, rientra in questo secondo senso de “il reale del sesso”. L’amore infatti, come del resto è indicato nella lista, è una supplenza al fatto che “non c’è rapporto sessuale”.
E questo vale anche, anzi soprattutto, per quell’amore strano ma echt, genuino, autentico, come lo chiama Freud, che è l’amore di transfert.
Da tutto ciò quali lezioni possiamo trarre?
Prima lezione: il parlessere, qualunque sia il suo sesso anatomico, ha a che fare con il fallo e con le contingenze della sua significantizzazione, con, come conseguenza, una perdita – chiamata castrazione – che si presenta come una mancanza che è all’origine del desiderio, per cui, con Lacan, possiamo definire il fallo il significante del desiderio.
A questo punto, però, cito Lacan: “noi non sappiamo che cosa siano l’uomo e la donna. Per un certo tempo si è ritenuto che questa bipolarità di valori supportasse sufficientemente, anzi suturasse, quello che è il sesso”12.
E invece no, questa bipolarità è solo effetto del significante.
Ma come avviene questa bipolarità se non si basa sull’anatomia e se dire uomo o dire donna non vogliono dire altro che dei significanti senza determinazione. Che cosa conferisce loro la determinazione?
Ed ecco la seconda lezione di Lacan: la determinazione viene conferita tramite la funzione fallica, ossia Phi di x.
Questa funzione non è, dice Lacan, “una funzione del solito tipo”.
Se si articola questa funzione con un prosdiorismo, ossia con “ogni” oppure con “non-tutto”, cito: “l’argomento della funzione così contraddistinta [vale a dire la x in questione, la x indeterminata] assumerà significazione di uomo o [significazione] di donna a seconda del prosdiorismo scelto, vale a dire se si sceglie ogni oppure se si sceglie il non-tutto”13.
Quindi Lacan ci dice che il parlessere si pone sul versante uomo o sul versante donna a seconda del prosdiorismo scelto, ossia o ci si situa sul versante “ogni”, oppure sul versante “non tutta”.
Evidentemente si tratta di una scelta inconscia. E qui viene a puntino che per effettuare questa scelta inconscia interviene un altro collegamento determinativo, ossia che il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro, da leggere nei due sensi, oggettivo e soggettivo.
Per il nostro lavoro quotidiano qui si innesta il fatto che nella cura per l’analizzante il desiderio dell’analista è il desiderio dell’Altro, anche questo da leggere come un collegamento determinativo da leggere nei due sensi.
A questo punto ritorniamo sul primo senso della frase “il reale del sesso”, ossia ritorniamo al sesso reale.
Qualunque siano le traversie che il parlessera ha con la sessualità, Lacan ci dice che il sesso reale è rigorosamente duale: ci sono solo due sessi, gli uomini e le donne. Ma non si tratta di quello che si pensa di solito, poiché si tratta di due modalità di godimento, uno all’insegna dell’“ogni” e l’altra all’insegna del “non-tutto”.
Per cui quando parliamo del “reale del sesso”, passiamo dal sesso duale, alla sessualità polimorfa provocata dall’ incontro con il significante, per approdare di nuovo, tramite l’incontro della funzione fallica con la logica, alla sessuazione, alla riva dove il sesso reale è duale, ma che non è quello dell’anatomia ma di due modalità di godimento ancorate nel corpo.
Il passaggio di Lacan da cui abbiamo preso spunto per interrogare “il reale del sesso”, ha comunque un enigma. Proprio quando Lacan parla di collegamenti determinativi, tira fuori la significazione del fallo, anzi, in tedesco, die Bedeutung des Phallus.
Come mai?
La significazione del fallo era stata la sponda sicura per attestare gli esseri parlanti, poco importa l’anatomia, sotto l’insegna del primato del fallo nell’ordine del simbolico.
Ma perché Lacan ritorna sulla significazione del fallo proprio quando prende in considerazione il godimento, prima riferendo questa significazione all’oggetto (a) e poi, più frontalmente, quando arriva a dire che il fallo è il significante del godimento? Lacan, non solo ogni volta ricorre al tedesco, e non solo a causa di Frege a cui fa riferimento, ma dice a più riprese che i suoi ascoltatori “non hanno capito un’acca”14, e constata che tutto sommato era normale che fosse così. Ma di chi sta parlando? Dei suoi interlocutori tedeschi oppure dei suoi ascoltatori dell’Aula Magna della Facoltà di Diritto al Pantheon?
Lacan aveva insistito per dire che “die Bedeutung des Phallus è, in realtà, un pleonasmo. Non c’è nel linguaggio altra Bedeutung se non il fallo. [E continua] Il linguaggio, nella sua funzione di esistente, non connota in ultima analisi che l’impossibilità di simbolizzare il rapporto sessuale negli esseri che lo abitano, precisamente in quanto è da questo habitat, il linguaggio, che ricevono la parola”15.
Ma qui fa un passo in più.
“Che cosa vuol dire la significazione del fallo? Un collegamento così determinativo bisogna sempre chiedersi se sia un genitivo oggettivo o soggettivo, differenza che illustro accostando due sensi opposti, rappresentati alla lavagna da due freccette”16, come si può vedere a pagina 43 del Seminario XIX.
Ma, dopo aver illustrato quel che intendeva con gli esempi riportati, quello del desiderio di un bambino e della legge del taglione, ci dice che per la significazione del fallo la freccia è “neutra [vale a dire che] la significazione del fallo ha questo di astuto, che ciò che il fallo denota è il potere di significazione”17.
Neutra vuol dire che per la significazione del fallo non conviene il collegamento determinativo. Che lo si prenda per un verso o per l’altro il fallo è il potere di significazione e il potere di significazione è il fallo.
Ma quello che è rivoluzionario è il fatto che il fallo, ossia il potere di significazione, non si applica solamente al campo del significante, ma anche al campo del godimento.
A livello del campo del significante, proprio a causa del linguaggio, il fallo è correlato con quella perdita che chiamiamo castrazione.
Al rovescio, nel campo del godimento, il fallo, nella versione di funzione fallica, si presenta già castrato per tutti coloro che parlano, ed esiste solo uno a non essere sottomesso alla funzione fallica.
Ma questo meno, implicito nella funzione fallica, si traduce in un più, poiché lascia che emerga un godimento supplementare che è ciò che è proprio del godimento femminile.
Il reale del sesso ha dunque due sensi.
Un senso è che il sesso reale è duale. Ma questo duale non è quello che si crede.
Un altro senso è che, a partire dal sesso, il reale consiste nel fatto che non c’è rapporto sessuale, e questo a causa dell’iscrizione del parlessere nel linguaggio.
Tutto ciò fa precisare in che cosa consista il duale del sesso reale: si tratta di due tipi di godimento, che non sono tuttavia complementari: un godimento universale e un godimento singolare che concerne uno per uno, anzi, poco importa il sesso anatomico, che concerne una per una.
I sessi sono due:
ma si tratta di due modalità di godimento,
uno, quello del binomio: parola/funzione fallica, che investe necessariamente chiunque sia nel linguaggio;
l’Altro, l’eteros, quello del binomio: silenzio/non-tutto rispetto alla funzione fallica.
Quest’ultimo godimento, da Lacan chiamato femminile, è supplementare al primo, ma Lacan lascia intendere che si tratta del godimento basico del corpo umano, non già però quello che c’era prima che la parola lo investa, ma quello che è stato rimodellato proprio perché la parola lo ha investito.