Il sesso degli angeli
Norma Stalla, Partecipante alle attività SLP


Nel Seminario XX Lacan, parlando del significante, afferma: « […] il significante è stupido. Esso mi sembra atto a suscitare un sorriso, un sorriso stupido naturalmente. Un sorriso stupido, come tutti sanno – basta andare nelle cattedrali – è un sorriso d’angelo. Anzi, questa è la sola giustificazione dell’ammonizione pascaliana »[1]. Le parole di Lacan evocano Pascal che, nei suoi aforismi, scrive che « L’uomo non è né angelo né bestia e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia. »[2]. Prosegue Lacan: « E se l’angelo ha un sorriso così stupido, è perché nuota nel significante supremo […] Non che non creda agli angeli […] semplicemente non credo che rechino il pur minimo messaggio, e per questo sono veramente significanti.»[3].
Nella mitologia, gli angeli sono esseri fuori sessualità, immersi nel sapere concesso da Dio e destinati a partecipare della visione beatifica di cui godono. Dio come Altro dell’amore, oggetto incommensurabile che può svolgere funzione di sembiante, ma un sembiante “supremo”, perché Dio è “Colui che è”. Credere al sembiante, al fantasma, al partner è il modo con cui attraverso l’amore gli esseri parlanti cercano di dare un volto all’oggetto causa di desiderio e per supplire all’inesistenza del rapporto sessuale. Desiderio che spinge a soddisfare la pulsione, pulsione che richiede godimento. È necessario dunque un corpo, diversamente dall’angelo, un corpo che sia lavorato dal linguaggio, linguaggio che abbia nell’Altro il suo luogo. Corpo preso nel godimento che è, al contempo, causa del linguaggio stesso.
All’orizzonte le leggi che regolano lo statuto del rapporto sessuale nella forma universale: il non rapporto sessuale e l’interdizione all’incesto. Se la prova consiste nel fatto che il Reale non si scriva, tuttavia continua ad annodarsi con l’Immaginario e il Simbolico. Possiamo bordarlo, portarlo a logica, ma non possiamo dir-lo e tantomeno scriverlo. Il godimento rimane come scarto, lettera, elemento prossimo alla rappresentazione rimossa. Il godimento fa Uno nel corpo, nei suoi buchi (a)lloggia.
Lacan si pone una questione: « D’altra parte può mai essere raggiunto qualcosa in grado di dirci come possa, ciò che fin qui non è che faglia, beanza nel godimento, essere realizzato? »[4] A cosa introduce questo interrogativo? Mi sembra di cogliere come l’identificazione sia la via privilegiata: soggetti rappresentati da un S1 prelevato nel campo dell’Altro per un sapere certo sulla produzione di godimento. Credersi “innocente” e pertanto vittima chiude sulla relazione tra corpo, godimento e causa, chiude la faglia tra il soggetto e la pulsione facendo del soggetto lo scarto dell’Altro. Come conseguenza più radicale si avrà quello che Lacan chiama il “debile”: più solida è l’identificazione più forte l’inibizione e di conseguenza le concessioni all’Altro, all’ideale. Cosa strana, “ètrange”, dice Lacan: l’être – ange, l’essere d’angelo.
Gli angeli ritornano, con la loro immunità di gregge, nell’Angelo Sterminatore, invenzione narrativa di Luis Buñuel, in cui, ironicamente, sono solo le pecore a poter uscire dalla stanza; stanza in cui gli umani proseguono nei loro rispettivi deliri accusatori. La forza minacciosa in cui si sentono intrappolati i protagonisti, riconoscendosi come vittime tra loro, mi ha evocato l’articolo di J.-A. Miller Common Decency de L’Oumma[5] in cui richiama “l’angelo della debilità umana” verso cui dichiara il proprio “combattimento” in quanto versante della stupidità identificatoria[6].
Posizione epistemologica alle prese con quanto circola nel discorso contemporaneo; tempo in cui l’alleanza tra scientismo e capitalismo coltiva l’idea di poter fare a meno del reale nel sesso, nella sua assunzione e della perdita che ne consegue. Godimento che fa a meno di quasi tutto il corpo, ridotto a visione angelicata o demoniaca in una vita avviata in una sorta di nuovo monachesimo senza Dio, nella conversione digitale nel corpo-automa, corpo che tenderebbe all’incorporeo, smaterializzato nel gadget tecnologico.
La chance, penso, sia l’orientamento, una clinica orientata al reale… e un Convegno dal titolo il Reale del sesso!
[1] J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora (1972-!973), Einaudi, Torino 1983, p. 21.
[2] B. Pascal, Pensieri, (Ed. Brunschvicg), Paoline, Cinisello Balsamo, Milano 1987.
[3] J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora, cit.
[4] Ibid. p. 9.
[5] J.-A. Miller, La “Common Decency” de l’Oumma, in “Lacan Quotidien”, N. 474, 7 Febbraio 2015.
[6] Cfr. G. Lo Castro, L’angelo della debilità umana o la passione di farsi vittime, in “Attualità Lacaniana”, N. 23, 2018, p.96.