Senza un titolo
Barbara Nicotra – (Partecipante alla attività SLP) 


Mi sono accorta solo in un secondo momento che non avevo dato un titolo al mio testo e dunque ho deciso di dargli un titolo senza un titolo.

Questo tempo, l’era del covid, è forse un cambio epocale? Una bambina di tre anni dice: non posso andare a casa della mia amica perché c’è covid; mamma ma chi è covid? È forse un nuovo Nome del Padre che interdice?
E poi, che ne è stato dell’ultimo saluto a chi muore? Non vengono più restituiti i corpi ma solo le ceneri. Tutto si riduce ad una foto mostrata ad un parente come testimonianza di un corpo che non si può più toccare né vedere. I rituali, ripetizione di significanti e di immagini legate al defunto, sono andati perduti. Ma il corpo non è soltanto una immagine, è anche il supporto del parlessere.
Nel 1975 Lacan, nel Seminario XXIII, Il Sinthomo[1] definisce il corpo come supporto dell’immaginario, rimarcandone però la sua posizione nello spazio e quindi la sua consistenza. Lacan utilizza il termine di pelle per indicare che ciò di cui si tratta è una superficie, ma nel senso di sacco, pelle come sacco che avviluppa, che contiene al suo interno gli organi corporei uniti.
Il corpo, dunque, come tempio del godimento. E perché sia tempio del godimento, il corpo deve essere vivente. Ma che cosa vuol dire corpo vivente?, domanda Jacques-Alain Miller nel suo testo Biologia lacaniana ed eventi di corpo[2]. Egli dice che non si tratta unicamente del corpo immaginario; non si tratta quindi del corpo che è operativo nello stadio dello specchio, ma non si tratta neppure del corpo simbolico. C’è nel vivente un godimento specifico che consegue al suo essere preso nel linguaggio. Il significante non ha soltanto effetti di senso, è prima di tutto un induttore di godimento. È con il significante che il godimento tocca il corpo.
Lacan non esclude il reale del corpo, ma lo riconduce nelle forme simboliche della civiltà.
Il reale, non c’è rapporto sessuale, ha come conseguenza che, per l’essere parlante, la funzione di ognuno degli organi del suo corpo “gli faccia problema”.  “Un animale – prosegue Lacan – ha come stabitat il linguaggio, che a labitarlo è anche ciò che fa da organo per il suo corpo – un organo che (…) lo determina con la sua funzione (…). Proprio per questo egli è costretto a trovare che il suo corpo non è privo di altri organi, e che la funzione di ognuno di essi gli fa problema. Problema  in cui il cosiddetto schizofrenico è preso in modo specifico privo com’è dell’ausilio di un discorso stabilito”[3]. Il discorso stabilito, il discorso comune, è ciò che permette in generale agli esseri parlanti di saperci fare con il proprio corpo.
Tuttavia, nel mondo in cui ci troviamo i discorsi che in passato hanno funzionato come riferimenti per gli esseri parlanti perdono consistenza. I riferimenti simbolici che consentivano ai corpi di localizzare il godimento e di interdirlo, perdono la loro tenuta.
Il Nome-del-Padre si pluralizza e i nomi del padre sono piuttosto un dispositivo per annodare il corpo e il godimento con modi singolari. Ciò che fonda il nome per ciascuno non dice del simbolico in gioco a livello culturale, ma del reale che c’è nella lalingua, quale dimensione particolare farcita di godimento. Lalingua è ciò che c’è di più specifico di ogni parlessere. ed è ciò che veicola il godimento.
La maestra di scuola di mia figlia mi domanda perché ho scelto quel nome proprio per lei. Mi ritrovo per un momento smarrita, non so spiegare il perché di quella scelta, non ci avevo mai pensato. Poi dico: “forse per la sensazione che mi ha attraversato la prima volta che l’ho pronunciato”; non so dire altro.

[1]   Jacques Lacan, Il Seminario XXIII, Il Sinthomo (1975-1976), Astrolabio 2006.

[2]   Jacques-Alain Miller, Biologia lacaniana ed eventi di corpo, in La Psicoanalisi n. 28, Astrolabio 2000.

[3]   Jacques Lacan, Lo stordito, in Altri Scritti, Einaudi 213, pp. 471sg.