Shessho.
Davide Pegoraro – AE Scuola Una
Organo promessa di piacere nella sua tumescenza, plasmato nelle falloforie con la speranza dell’abbondanza, accompagnato da un alone di misteri nell’iconografia dell’arte e nelle sottili invocazioni della letteratura erotica femminile, ridotto infine a gadget nel mercato del porno, sesso rimane tuttavia per la psicoanalisi un buco.
Un buco che rende inesistente la relazione sessuale, che si scava al posto dell’uguale vanificando la formula matematica dell’equazione.
Organizzatore di scenari fantasmatici per mettere in moto la macchina da presa del fantasma, oliandola di libido che possa far defluire desideri e afferrare lembi di soddisfazione, rimane pur tuttavia al centro del discorso come buco, su cui la pulsione s’incaglia nel suo giro infernale, a spirale, di godimento.
Come già Freud aveva messo ben in luce nei Tre saggi sulla teoria sessuale, nel 1905, questo buco che concerne il sessuale è ciò che suscita nel piccolo la sua spinta a sapere, ma anche ciò che determina quello che definisce “fallimento dell’esplorazione sessuale…che non di rado lascia dietro di sé una durevole offesa della pulsione di sapere”1.
Di fronte a questo buco il parlessere ha come prima risorsa la fabbricazione di un sintomo, come tentativo più o meno maldestro per poter fare con questo cattivo incontro.
L’analisi ci insegna che di questo sintomo che ci accompagna è necessario in qualche modo ricapitolare in un secondo tempo questa spinta alla ricerca e al suo fallimento. Dall’instaurarsi del soggetto supposto sapere come artificio necessario a compiere i necessari giri del percorso analitico, la logica del processo stesso con la constatazione del sintomo e del suo inesorabile ripetersi avvicina ciascuno di noi a questo buco di struttura e al tappo di godimento che lo ottura.
Su questo punto di fallimento, in cui ci si scopre piuttosto Uni tutti soli con il godimento che non fa rapporto, il reale del sesso può farsi presente, in modo nuovo, con l’opportuna perdita che lo accoglie e lo include.
Shessho: un pezzo di reale, che impasta dei suoni, per includere nella pronuncia quel che non va.