Una boccata d’aria!
Giuseppe Salzillo (membro SLP/AMP)


Per Freud è la pulsione sessuale a sostenere i sintomi: c’è un al di là del piacere che cattura il soggetto e lo rende sofferente. È proprio a partire da questa scoperta che passa alla seconda topica, ovvero sancisce lo iato che c’è tra inconscio e pulsione, tra la decifrazione del senso (inconscio) del sintomo e l’insistenza del godimento che alberga in esso e che il soggetto tiene a sé come un tesoro. Dal tesoro significante, la parte dicibile del sintomo, passa al tesoro del godimento, l’impossibile a dirsi del reale.
Il sintomo, nella sua essenza, ha un senso libidico, sessuale. È questa la sua Bedeutung. Lo si vede bene nella nevrosi ossessiva, dove il nocciolo traumatico consiste in una fissazione di tipo sessuale. È un senso enigmatico, inconscio e la componente pulsionale resiste all’interpretazione.
Da qui il paradosso dei paradossi: i pazienti soffrono per il loro malessere ma allo stesso tempo non vogliono guarire, non vogliono abbandonare questa sofferenza[1]. Il malessere si forma perché c’è un senso che non si riesce ad esprimere, esso sostituisce qualcosa che è stato impedito, è un compromesso per avere un guadagno a fronte di una perdita: una frustrazione (un fallimento, una separazione, un lutto, un evento contrario) fa regredire la libido che trova una modalità di soddisfacimento alternativa, ma a questa regressione il soggetto dice di “no”, pone un divieto. Il paradosso è che da un lato si ottiene un soddisfacimento dall’altro ci si difende da esso.
Il sintomo, come formazione di compromesso, include un godimento che ha un involucro formale che lo maschera, lo deforma, cioè esso si caratterizza come un soddisfacimento segnato da una trasformazione: dal piacere in dispiacere. A tal proposito Freud scrive: «[…] il sintomo sorge come un derivato più volte deformato dell’inconscio appagamento libidico di desiderio, un’ambiguità scelta con arte avente due significati che si contraddicono completamente l’uno con l’altro»[2].
Ogni sintomo ha una sua matrice sessuale che lo alimenta, è una sessualità traumatica, solitaria, senza l’Altro, è il “non c’è rapporto sessuale” di Lacan.
La libido che si sviluppa o regredisce, viene deformata dalle leggi dell’inconscio, viene cioè “trasformata”, “mascherata”, ma in sé, come reale, resta sempre la stessa, come resta sempre la stessa la sua spinta al mero appagamento. Un certo soddisfacimento primario viene sostituito da uno secondario. Miller lo scrive così: «S2/S1», ovvero, «Un soddisfacimento inziale, S1, è sostituito con un soddisfacimento secondo, S2 […]. Questo nuovo S2 è […] un Ersatz di soddisfacimento»[3] che, continua Miller, «vale quanto il soddisfacimento originale […] [e] si ottiene a tutti i costi, in quanto tale è sempre lo stesso, […]. La pulsione non conosce un “sembiante del godere”. Il soddisfacimento pulsionale è reale»[4].
Insomma, il sintomo, è un involucro formale, una maschera, una deformazione di questo reale sessuale. È il sapere attraverso il quale maneggiamo la libido, il modo di reagirvi.
Il malessere si mostra come sofferenza ma la sua vera essenza risiede nel soddisfacimento libidico che non è piacevole, non va confuso con il concetto freudiano di piacere. È il godimento di cui parla Lacan ovvero un intreccio di soddisfacimento e dispiacere.
Il soggetto che inizia una cura crede che risolvendo quelle che ritiene essere le proprie mancanze, riuscendo cioè ad avere la vita che vorrebbe, potrà star meglio. In questa accezione il sintomo sarebbe l’effetto di un conflitto tra ciò che desidero e ciò che mi manca. In realtà si raggiunge il soddisfacimento pulsionale proprio attraverso la sofferenza, una sofferenza che prescinde dal conflitto con la realtà esterna. Questo segna il passaggio cruciale: dalla clinica del conflitto alla clinica del godimento[5], dove ciò che è preminente è il reale del soddisfacimento nella sofferenza che catalizza, attira a sé: è ciò che Freud chiama “fissazione”. Da questo punto di vista, la cura punta a «diminuire il prezzo della sofferenza da pagare per accedere al soddisfacimento pulsionale»[6].
Ciò che è attrattivo è allo stesso tempo traumatico, è il nocciolo del sintomo, il godimento celato, estraneo ma riconoscibile allo stesso tempo. È un reale senza senso, e, allo stesso tempo, è un reale che ha Sinn, questa è la posizione di Freud nella lezione XVII[7].
Il sintomo è reale e ha senso allo stesso tempo. È un paradosso. Lacan parla di senso goduto, di verità del godimento, il soddisfacimento che porta il sintomo.
L’incontro con la pulsione sessuale nel nevrotico è fonte di piacere ma successivamente, il ricordo di quel piacere, essendo accompagnato da un rimprovero, genera dispiacere. La coppia rimprovero-rappresentazione viene rimossa e ciò genera il nocciolo del sintomo ossessivo: lo scrupolo di coscienza. Tutto diventa un rimprovero che accompagna anche le esperienze piacevoli rendendole pericolose, proibite. La Legge interdice il godimento che però insiste come trasgressione che necessita di una punizione. L’idea ossessiva è un rimprovero deformato che ritorna come rimosso ed è sempre connessa ad un’azione sessuale infantile che ha procurato al soggetto piacere, risponde cioè perfettamente alla funzione del Nome-del-Padre in quanto Legge simbolica che interdice il godimento ma, mediante una “erotizzazione del pensiero”, consente allo stesso tempo al soggetto di godere dell’inconscio. Lacan afferma: «Il sintomo è reale. Di più, è l’unica cosa veramente reale, ciò che conserva un senso nel reale […] è per questo motivo che lo psicoanalista può, se è fortunato, intervenire simbolicamente per sciogliere il sintomo nel reale»[8]. Una boccata d’aria!

[1] S. Freud, Resistenza e rimozione, in Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, OSF, Vol. 8, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, pp 447-461

[2] S. Freud, La formazione dei sintomi, op. cit., p. 516

[3] J. A. Miller, A proposito di Die Wege der Symptombildung, Seminario di Barcellona I, in La Psicoanalisi, n. 23, 1998, p. 80.

[4] Ivi, p. 81

[5] Cfr. Ivi, p. 84.

[6] Ivi, p. 83.

[7] S. Freud, Il senso dei sintomi, in Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti 1915-1917, Opere di S. Freud, Vol. 8, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, pp 514-31.

[8] J. Lacan, Ornicar?, n. 17/18, p. 9, in J. A. Miller, A proposito di Die Wege der Symptombildung, op. cit., p. 73.