Una scommessa.
Paola Francesconi – AME SLP, AMP
Il titolo di questo Convegno prosegue e si distacca al contempo, per ragioni di soggettività epocale del nostro mondo in rapida trasformazione, dalla trilogia dei Congressi AMP evidenziata da Jacques-Alain Miller nelle sue presentazioni ai Congressi del 2012, 2014, 2016 che implicano il nostro reale tramite tre approcci diversi.
Qui, così lo leggo personalmente, il reale nominato in modo diretto può chiamare ad un confronto anche gli irriducibili alla psicoanalisi, o comunque coloro che del reale hanno un’idea ben precisa e non residuale, un’idea tutta sola potremmo dire. Mi riferisco alla fisica, la logica, le matematiche, la medicina ecc….
Ma il sesso? Il reale del sesso per noi è un’inesistenza, del rapporto sessuale, appunto. Non esclude affatto il dire a favore dell’evidenza di un reale, anzi: come dice Lacan nel Seminario XIX, il dire occupa il posto vuoto da preservare nel linguaggio, pena il peggio. “Se vi allontanate da lì”, cioè dal dire, afferma, “non farete che dire peggio”1.
Ed il miglior modo del peggio dire il non rapporto sessuale è, per esempio, la pornografia.
La pornografia porta all’evidenza il rapporto sessuale come esistente, realizzato, amputato del velo che copre l’immagine dal suo niente, al di là dell’oggetto. L’immagine positivizzata, decurtata dell’irrappresentabile che l’abita, è l’appiattimento del niente nella rappresentazione del coito realizzato. Quel che si perde è la dimensione fantasmatica soggettiva barrata al visibile nonché al dicibile, per diventare schermo, film, di un fantasma tutto spostato dal lato dell’osservatore, non di chi compie l’atto. Come dice Jacques-Alain Miller: “Che cos’è il porno se non un fantasma filmato”2. Con la perdita della valenza trascendente dell’oggetto, non più accompagnato dal suo al di là, si perde la valenza singolare del fantasma, a favore di un supposto fantasma collettivo, di un’eccitazione supposta collettiva. E con tale perdita si perde anche quel posto vuoto in cui abita il dire, quel dire che obbliga il detto a compiere più e più volte i giri attorno a quel posto vuoto, a quella x, dell’enunciazione, attorno all’impossibile a dire.
Il corpo che gode nell’evidenza è un corpo porno, che va incontro all’altro, omo o etero sessuato che sia, poiché, in ambedue i casi, è l’altro sesso. Invece, come ci fa notare J.-A. Miller, il nostro corpo non è un corpo che gode, potremmo dire, dell’altro, che va incontro all’altro, come nel corpo porno, non è, egli dice, un “corpo porno, ma un corpo freudo: si tratta del corpo in quanto si gode. È la traduzione lacaniana di ciò che Freud chiama autoerotismo. Il detto di Lacan Non c’è rapporto sessuale non fa che riflettere questo primato dell’autoerotismo.” Ed alcune righe dopo, a proposito del come Lacan costruisce il non rapporto: “Quando dice Non c’è rapporto sessuale, si posiziona a livello del reale, e non a quello dell’essere, dove di rapporto ce n’è quanto ne vuoi.”3.
Se dunque il corpo porno è portato all’essere, il corpo lacan/freudo è quello dell’autoerotismo come inesistenza dell’alterità del coito realizzato nell’abbaglio del C’è rapporto sessuale.
Il godimento che viene allora a collocarsi a livello del Non c’è è il godimento fallico, che accompagna, però tramite il dire, il linguaggio, il si gode riflessivo, ed inaccessibile alla parola, del corpo. Il godimento fallico, che ripartisce il sesso in modo assolutamente dissimmetrico tra maschile e femminile, avvicina il dire alla sessualità nel modo migliore, poiché non esclude dal sesso ciò che è asessuato, ovvero la dimensione dell’oggetto a, la dimensione residuale del reale in gioco, residuale dall’immaginario e dal simbolico.
Le formule della sessuazione organizzano il sesso, la sessualità, attorno al godimento fallico come funzione e non come significazione, che costituirebbe un’altra forma, senz’altro più elegante, del dicibile. Il godimento fallico è il punto di partenza attraverso il quale declinare l’inesistenza in due modi diversi per quanto attiene al maschile ed al femminile. Nell’uomo la funzione fallica rinvia all’alterità del sesso tramite il reperimento nell’altro dell’oggetto a, di una parte del corpo dell’altro, positivizzandola così in una forma di godimento che c’è, ma c’è fantasmaticamente, non nell’evidenza. L’uomo ha il suo proprio modo di negare l’esistenza, attraverso la funzione dell’almeno uno che sfugge alla funzione fallica e che, così, con l’eccezione, chiude l’insieme uomo come universale.
Mentre dal lato femminile il godimento fallico è un godimento raggiunto diversamente, per procura, si potrebbe dire, ed aperto ad un al di là che ribadisce un non tramite quello che Lacan chiama, nel Seminario XIX, godiassenza4, un godimento che si situa, come egli dice, tra centro ed assenza. Il che designa nel femminile una forma di godimento, che non è un non-godimento, come Lacan tiene a sottolineare. Per una donna l’almeno uno, necessario all’universalizzazione dal lato maschile, fondante il “per ogni uomo”, non è così necessario; è, bensì, contingente nel farle incontrare il godimento fallico per procura, come dicevo, ovvero attraverso l’altro, un uomo, all’occorrenza. Dal lato donna si fa valere un non della discordanza, più che il non della semplice negazione, per esempio dell’organo fallico di cui è freudianamente supposta mancare. Il suo godimento non è chiuso su di sé, ma aperto ad un’alterità del senza limite, non circoscritta, non centrata, ma altalenante tra un essere lì ed un’assenza, un altrove cui punta. Mentre quello dell’uomo è più un godimento, una godipresenza centrata su di sé, sull’Uno del godimento del si gode, residuale al fallico.
Dunque, per concludere, anzi per aprire, il reale del sesso può costituire una scommessa di confronto e di una sfida nominante a quanti potranno meglio intendere quello che per noi è davvero un reale, così inedito da rovesciare in inesistenza ciò che spesso si scivola a circoscrivere, a pretendere di localizzare?