Se(s)so dov’è la Bestia …. allora godo?
Godimenti, rapporto e atto sessuale in Lacan a partire dal film La Bestia di Walerian Borowczyk[i]
Francesca Carmignani (Membro SLP/AMP)

All’amabile attenzione dell’Illustrissima Marchesa Romilde de l’Espérance.

“L’ho incontrato e combattuto” Così voi dichiarate, Illustrissima Marchesa.
Allora, in questa missiva che v’indirizzo, provocata istericamente dalle vostre parole[1], vi pongo delle questioni. Sono questioni che come nel “secare” dell’etimologia latina della parola sesso, mi dividono soggettivamente.
In apparenza nella vostra frase, citata in apertura, raccontate con semplicità ciò che vi è accaduto, riferendovi alla Bestia che si dice abbia infestato le campagne francesi, uccidendo e terrorizzando gli esseri umani da questa incrociati.
Si tratta di una Bestia che, nel bosco, voi dapprima avete fuggito e contrastato e che in seguito vi ha posseduto carnalmente.
O piuttosto, al di là del detto, nel dire che in voi gli fa eco, è forse un godimento Altro in-corpo detto femminile, quello che ha posseduto e sommerso entrambi ed ha avuto la meglio sulla Bestia?
Che grazioso equivoco jouissance bête!
Dove bête, in francese, è sia l’aggettivo “idiota”, che il sostantivo “bestia”.
Lacan chiamava così il godimento fallico, fuori-corpo e della parola, lo appellava godimento dell’idiota, che in fondo non è che un godimento–bestia, o meglio la bestia-godimento.
Ma, mi domando, al livello dell’enunciazione, a chi vi riferite realmente, mia Signora?
Chi fu l’avversario combattuto? Chi fu l’avversario vostro e della bestia?
Un iniziale godimento Uno masturbatorio (reciproco, ma pur sempre masturbatorio) sembrava proteggervi, tutti e due.
Fino a che voi, Romilde, cercando un godimento Altro, incominciaste a chiederne… Ancora.
Il godimento femminile dell’ancora (godimento dell’encore omofono di en-corps) sarebbe dunque il “nemico spaventoso” che entrambi i sessi osteggiano, in verità temendolo?
Se come dichiara Lacan nella sua conferenza “La Terza” [2], non si ha paura che del nostro corpo, ne consegue logicamente che si teme il godimento femminile in quanto godimento in-corpo.
Ciò farebbe indugiare dal lato universale del rassicurante “per ogni” del godimento fallico?
Ah il riparo che offre l’ombrello fallico! Vi alloggia proprio il godimento di quel sembiante detto fallo, che non fa altro che impedire il rapporto tra i sessi[3].
Ma la Bestia, ormai divenuta vostro partner, cara Marchesa, nella sua petite mort, l’orgasmo nella vostra bella lingua francese, incontra la morte reale.
Venne forse ucciso, da un eccesso nel corpo di un godimento detto femminile di vita[4], fuori-castrazione?
Voi lo sapevate, Madame, che la ricca ereditiera Lucy, invitata nel vostro castello per contrarre matrimonio con il vostro discendente, vi ha sognato a tratti, nella notte prima delle sue nozze mai avvenute?
Ella ha sognato il vostro inseguimento e l’amplesso con la Bestia. Nei momenti di veglia poi, faceva avanti e indietro, sempre più svestita e concitata, per osservare il promesso sposo addormentato, nella camera di lui. Al mattino, costui, scosso nel sonno da movimenti e mugugni ferini, fu ritrovato morto e scoperto metà uomo, metà bestia.
C’è stato dunque atto? Lacan dichiara che “c’è solo l’atto sessuale”[5].
In realtà, in quelle visite notturne che Lucy rende all’amato, c’è stato atto. È atto inteso come passaggio dalla posizione dell’amata (ri)vestita a quella dell’amante nuda. C’è un oggetto a causa di desiderio che si disvela sotto il fallo, rimanendo a nudo, quale oggetto di godimento.
Infatti, mentre ancora sognava, Lucy di notte si toccava e strappava la sottoveste trasparente. Da un lato interpretava istericamente i due partner della coppia di uno schermo fantasmatico, che fa esistere illusoriamente il rapporto tra i sessi, dall’altro, lacerava senza tregua il tessuto, come si squarcia il velo del fantasma, quando c’è disrupzione di godimento.
Et voilà! Anche la rosa rossa, fiore passionale, ma pur sempre temperato d’amore, diviene nient’altro che un mezzo di godimento, introducendolo in vagina. Al contempo, con Domenico Scarlatti in sottofondo, Lucy sogna l’Altro bestiale, in luogo di un altro a lei troppo simile per arrivare a farla godere…
Cara Marchesa, l’affermazione di Lacan riguardante i sogni dei ragazzi sulle ragazze, necessari per farci l’amore,[6] la si può rovesciare! Anche le ragazze hanno bisogno di sognare i ragazzi! Ma quello che si punta a incontrare nella scelta femminile, sempre di stile erotomane, è il godimento Altro, foss’anche talvolta abisso ordinario…
Non c’è scampo. Il reale partner-ravage di un parlessere in posizione femminile, al di là delle immaginarizzazioni necessarie, è proprio il suo godimento Altro, al di là del fallo, perché ciò che fa trauma è l’incontro con l’Altro sesso.
Ah l’avere un punto d’intersezione, come tenuta fallica sul nodo perché il godimento Altro non ci sopraffaccia totalmente! Non sempre, però, questa è la soluzione…
Occorre passare dal “se-so dov’è la Bestia” al “sesso dov’è la Bestia” … allora del fallo sembiante, così come del Nome del Padre, si può altrettanto bene “farne a meno per servirsene”.
Servirsene parlando? Il cosiddetto godimento femminile non è che il godimento in-corpo ma in quanto tale diffuso.
Allora mi chiedo, Signora: affinché questo godimento si distribuisca in modo conveniente nel nodo borromeo, il ricorso al godimento fallico, fuori-corpo e della parola, è forse obbligato?[7]
Il problema o la fortuna della Bestia è esattamente che sembra non parlare. Almeno prima di incontrare voi e di bramarvi con uno sguardo assai eloquente.
Vi è unione tra il godimento d’organo e, nel suo caso, benché animale (scoprendosi metà uomo nel desiderio), anche godimento di fantasma, Marchesa…
Il godimento del corpo proprio, genitivo oggettivo, non è dunque il godimento nel corpo come Altro, ossia del corpo, genitivo soggettivo.
Ma più che di parola, ormai per annodare, si tratta di risonanza nel corpo…
Cadendo la e della copula, si passa de l’é-jaculation phallique à la jaculation résonnante, dall’eiaculazione fallica di parola alla giaculatoria poetica risonante nel corpo[8].
Resta, Madame, che quella traccia che risuona, dal lato dell’ek-sistenza, ovvero dell’esistenza reale, è propria della scrittura di esistenza[9], non della scrittura di parole. Ecco perché v’invio questa lettera. In fondo si tratta di cernere, rappresentandola in uno scritto, una lettera di godimento, una cifra che reitera la sua fissazione godente indicibile, scritta come un evento nel corpo, nel posto del rapporto sessuale che non cessa di non scriversi.
La stessa moltiplicazione dei godimenti non è che un tentativo fatto per umanizzare e rendere vivibile il godimento Uno (com’era quello del corpo proprio della Bestia, prima dell’incontro).
Non esiste però rapporto tra i godimenti, modo più ridotto all’osso (di un’analisi) per dire che non c’è rapporto tra i sessi. Ma c’è godimento a riempire il vuoto!
Voi Marchesa, il rapporto avete voluto farlo esistere nell’amplesso con la vostra Bestia, incubo ideale. La Bestia non a caso ne è morta. Ah male-detta realizzazione del fantasma dell’uomo morto[10], persi nel fare Uno dell’impero dei sensi! Così si ottiene solo un cortocircuito nel percorso che condurrebbe all’alleanza con la pulsione!
Quando si realizza il rapporto, nel silenzio del fuori linguaggio, non ci sono più i due godimenti, poiché non rimane che il reale del godimento Uno congiunto al corpo. Come sostiene Jacques-Alain Miller “una volta ripulito il discorso del rapporto sessuale, ciò che è messo a nudo nel reale è la congiunzione dell’Uno e del corpo”.[11]
Quanto le è accaduto Madame, ci dimostrerebbe forse che una donna, per godere in posizione femminile, senza impazzire o morire, ha bisogno, che la “sua” bestia immaginaria rimanga fallicamente in vita per talora dividerla simbolicamente tramite la parola? Che dunque la Bestia non sia solo animale provvisto di pene reale? Questo per essere non tutta folle nel corpo e donna?
Ma come sopravvivere, dunque, al godimento detto femminile, Reale Bestia Nera, nera come il suo continente freudiano? Un buco nero[12] …
Lo svuotamento di troppo di senso dal corpo sostituisce l’antecedente castrazione simbolica presente nella domanda e anzi del vuoto si può goderne![13] Senza necessariamente privarsi o… morirne.
Se dal sentimento della vita si passa a parlare dell’affetto di esistenza, come ci indica di fare Marie-Hélène Brousse[14] con Lacan, allora si coglie ciò che contorna, ciò che dà dei bordi ai buchi e degli anelli per tentare di circondare il vuoto[15].
È l’annodamento, per mezzo della flessibilità del nodo che tiene incastonato l’oggetto vacuolo, affinché ci sia buco della ciambella del toro, anziché un tappo di troppo di senso, falso buco, e affinché ci sia carne reale come corpo.
Infatti, il corpo, quando invece che immagine-sfera ideale non bucata, si fa toro reale[16], è attraversato da una retta infinita, non solo dardo angelico immaginario piantato nel godimento in-corpo, ma vero buco estimo[17].
Andando oltre alla soluzione della significazione fallica bête che nello standard capitona strutturalmente il discorso (o legame sociale), finalmente c’è l’effetto di annodamento! È annodamento del godimento, operato più di frequente tramite le tre consistenze (non-tutte) toriche + un quarto anello.
Chi sopravvive dunque al godere al femminile nel silenzio? Une dite-femme (pas-toute) bête d’elle même?
Una cosiddetta-donna (non tutta) presa fallicamente da se stessa?
Sì se, al di là del sesso anatomico e del genere, anche se uomini, si è l’una e l’altra.
Altre a se stesse nel godimento del vuoto che ci possiede “ “[…] per un momento non localizzabile, né per te, né per me, radicalmente altra, heteros” Questa soluzione non-tutta fallica, che non vuol dire per niente fallica”[18]
Supplementare a se stessa. Prima ancora che al partner.
Una detta-donna è un ossimoro vitale! Una posseduta imprendibile…
È colei che teme un po’ meno quel corpo (proprio, altro e Altro) che la possiede, perché teme meno il corpo che si gode al femminile, encore/en-corps.
Per concludere, Illustrissima Marchesa, ringraziandovi per aver disseminato il mio cammino d’interrogativi illuminati dall’insegnamento del Dottor Lacan, vi porgo i miei più sentiti omaggi

[i] La Bestia, un film di Walerian Borowczyk. Con Lisbeth Hummel, Sirpa Lane, Elisabeth Kaza, Pierre Benedetti, Guy Tréjan. Titolo originale La bête. Drammatico, erotico, durata 104 min. – Francia, 1975.
[1] Ringrazio Roberto Cavasola, più-uno del cartel avente quale mio asse di lavoro “Peur de l’En-corps ?/ Peur de l’Encore ?”, per avermi spinta a uno sforzo di chiarificazione dei punti che hanno originato questo testo. La presente stesura è orientata dal sesto paradigma del godimento, come elaborato da Jacques-Alain Miller in I paradigmi del godimento, Astrolabio, Roma, 2001.
[2] Cfr. J. Lacan,  “La Terza” in La Psicoanalisi, n.12, Astrolabio, Roma, 1992, p. 33.
[3] Cfr. J. Lacan, Il seminarioLibro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante (1971), Einaudi, Torino, 2010, p. 130.
[4] Cfr. J. Lacan,  “La Terza”, op. cit., p. 35.
[5] J. Lacan, “La logica del fantasma. Resoconto del seminario del 1966/67” in Altri scritti, op. cit., p.322.
[6] Cfr. J. Lacan, “Prefazione al Risveglio di primavera” in Altri Scritti, op. cit., p. 553.
[7] Cfr. J. Lacan, Il Seminario. Libro XXIII, Il Sinthomo (1975-1976), Astrolabio Roma, 2006, p. 53.
[8] Cfr. É. Laurent, “L’interprétation comme événement”, pp. 10-16, consultabile sul sito https://drive.google.com/file/d/1y9eJcp8aRHhs3-P0PTUc2tVv3pPBvC7r/view
[9] J.-A. Miller, A. Di Ciaccia, L’uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018, p. 119.
[10] J. Lacan, “Appunti direttivi per un congresso sulla sessualità femminile” in Scritti, Einaudi, Torino, 2003, p. 729 e J. Lacan, “La Terza”, op. cit., p. 37, “Se c’è qualcosa che fa l’uno è proprio[…] il senso di ciò che rileva della morte”.
[11] J.-A. Miller, A. Di Ciaccia, L’uno-tutto-solo, op.cit., p. 167.
[12] Cfr. M.-H. Brousse, Mode de jouir au féminin, Navarin, Paris, 2020, p. 97.
[13] Ibidem.
[14] M.-H. Brousse, Identity politics con Lacan. Legame sociale e identificazione alla luce di Il y a de l’Un, corso ECF anno 2015-2016, settima e ottava lezione , consultabili sul sito https://radiolacan.com/fr/podcast/seminaire-a-lecf-identity-politics-avec-lacan-lien-social-et-identification-a-la-lumiere-du-y-a-de-lun/3
[15] J. Lacan, Le Séminaire. Livre X, L’identification, (1961-1962), lezione del 30 Maggio 1962, inedito.
[16] Cfr. M.-H. Brousse, “Un nuovo immaginario” in Il momento di concludere, Edizioni Seb27, Torino, 2020, p. 137.
[17] Cfr. Lacan, Il Seminario. Libro XXIII. Il Sinthomo, op. cit., p. 141.
[18] M.-H. Brousse, Mode de jouir au féminin, op. cit., p. 94 (t.d.A.).