Omar Battisti, membro SLP/AMP
Transfert e transessuale hanno lo stesso prefisso.
Questo lavoro parte da questa constatazione per andare ad interrogare quel legame forse inedito tra essere e sesso che la clinica oggi porta in luce. Qualcosa che il film “Petit fille” ha portato alla ribalta. Un legame in cui forse si tratta di quel qualcosa che si cela dietro la mancata traduzione, impossibile, della parola transfert in italiano.
Freud usa questa parola per la prima volta nel 1888 riferendosi alla diversa mobilità nel corpo dei sintomi isterici rispetto agli omologhi organici su cui questa si appoggia (anestesie, paralasi…) Già questo evidenzia come il trauma sia già implicato dal prendere a modello, per gli attacchi isterici, una serie di fenomeni che toccano il sostrato biologico dell’organismo. Freud in questo testo usa la parola in francese e solo più avanti usa una parola tedesca: Ubertraugung, a proposito del contrattempo che è occorso tra Breuer e Anna O., dopo la risoluzione del sintomo che le imponeva di pensare e pregare solo in inglese, quando riprese a parlare in tedesco. Contrattempo dato dalla gravidanza isterica con cui Anna O. risponde alla decisione di Breuer di interrompere la cura.
In merito all’uso di transfert e Ubertraugung e della sua impossibile traduzione italiana, vorrei evidenziare come il prefisso francese di transfert e quello tedesco di Ubertragung, denotano il superamento di una soglia, cosa che nella traduzione italiana di traslazione, perde di accento.
Transfert, Ubertragung, traslazione, hanno invece una comune area semantica principale di riferimento nell’economia, che per Freud rimanda alla soddisfazione e alla pulsione; riferimento che riguarda l’unione di una rappresentazione inconscia inaccessibile con una rappresentazione innocente, che avviene “trasferendo su di essa la sua intensità”[1]. Al di là del riferimento economico e prendendo in conto il versante superamento di una soglia, in italiano potremmo isolare il versante del ferire che viene messo in luce facendo cadere il prefisso “trans”. Questo mette in luce che quando Freud isola il sintomo isterico da quello organico evidenzia una ferita in gioco che si muove e ha radici altre dalla biologia. Direi che si tratta della ferita del linguaggio. Se non si tratta di biologia, che cosa ferisce il linguaggio?
Quando il linguaggio tocca il vivente [2] si produce una ferita che non colpisce l’organismo, ma che si cicatrizza intorno all’impossibile unione tra essere e sesso, altra versione dell’unione in gioco tra rappresentazione innocente e rappresentazione inconscia di cui parlava Freud. Se agli esordi della psicoanalisi l’isteria prendeva a prestito dalla biologia il modello del trauma cerebrale (paralisi, anestesie, …) per mettere in scena quest’impossibile unione, direi che ci troviamo in una cornice in cui tutto ciò che si agita intorno al transessuale, porta in primo piano il trauma come impossibile unione tra linguaggio e vivente. Il tocco del linguaggio con la vita. Questo ha un risvolto molto concreto, che tutto quanto si sta discutendo in merito alla transessualità evidenzia platealmente: la natura del sesso non è automaticamente suddivisibile tra uomo e donna, per gli esseri che abitano nel e il linguaggio.
Marco Focchi, nel suo testo Le donne raccontano [3], evidenzia come raccontare il sesso sia tutt’altro che naturale, scontato e soprattutto semplice. Anche il film Pleasantville evidenzia in modo magistrale questo stesso punto.
Paola Francesconi nel suo testo Una scommessa [4] distingue chiaramente il corpo porno che gode dell’altro dal corpo freudo che si gode.
Antonio Di Ciaccia nel suo testo Il reale del sesso [5], tramite il rimando al Seminario XIX di Lacan, mette in luce che uomo e donna sono solo due significanti e che come tali siamo chiamati ad assumere il proprio sesso.
Tornando a quel legame iniziale tra essere e sesso, mi chiedo se non si tratti di due modalità dell’impossibile unione tra il linguaggio e il vivente, altro modo di intendere il “Non c’è rapporto sessuale”. Due modi quindi di farci i conti: da un lato, il modo fascista, facendo di ogni erba un fascio. Dall’altro il modo poetico, facendo risuonare “l’eco nel corpo del fatto che ci sia un dire” [6].
Qui si inserisce la questione del transessuale. “La passione del transessuale è la follia di volersi liberare di questo errore, l’errore comune di non vedere che il significante è il godimento” [7]. Prima di voler dire qualcosa, il significante comporta un non voler dire niente tramite cui passa un voler godere. Punto da tenere presente nell’ascoltare ad esempio quello che dice il bambino in Petit fille. Punto che apre ad un interrogazione che può essere d’insegnamento: rispetto al proprio sesso (frutto di una “vocazione” [8] da sentire), rispetto al proprio sesso dunque ciascuno abitante del linguaggio è trans, transita tra fascismo e poesia nel far fronte allo choc dell’impossibile unione tra vita e linguaggio, tra essere e sesso.
Che rimando ha tutto ciò al transfert? Direi che in quanto “posizione etica nel mondo [9]” e in quanto “la psicologia individuale è al tempo stesso fin dall’inizio, psicologia sociale” [10], si tratta di accompagnare ciascun essere parlante nell’invenzione del proprio modo di fare i conti con l’impossibile unione di essere e sesso, con il “Non c’è rapporto sessuale”.
[1] S. Freud, L’interpretazione dei sogni, in Opere, vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 513.
[2] F. Ansermet, Transessualità, in Scilicet Le psicosi ordinare e le altre, sotto transfert, op. cit., p. 314.
[3]M. Focchi, Le donne raccontano, Testi di riferimento a Il reale del sesso, disponibile al sito: https://convegno2021.slp-cf.it/2021/02/03/le-donne-raccontano/
[4] P. Francesconi, Una scommessa, Testi di riferimento a Il reale del sesso, disponibile al sito: https://convegno2021.slp-cf.it/2021/02/03/una-scommessa/
[5] Antonio Di Ciaccia, Il reale del sesso, Testi di riferimento a Il reale del sesso, disponibile al sito: https://convegno2021.slp-cf.it/2021/02/03/il-reale-del-sesso/
[6] J. Lacan, Il seminario. Libro XXIII. Il sinthomo, Astrolabio, Roma 2006, p. 16.
[7] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX. … o peggio, Einaudi, Torino 2020, p. 11.
[8] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX. … o peggio, op. cit., p. 10.
[9] J.-A. Miller, Prefazione, in Chi sono i vostri psicoanalisti, Astrolabio, Roma 2003, p. 11.
[10] S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’io, in Opere, vol. 9, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 261; citato in J.-A. Miller, Campo freudiano, anno zero, in Campo freudiano anno zero, [a cura di Marco Focchi], NeP edizioni, Roma 2018, p. 45.