Il reale del sesso e gli assiomi del « non »
Carmine Mangano (membro SLP, AMP)

“Che cos’è dunque il reale del sesso?”. La domanda è facilmente formulabile, preliminare e decisiva. L’esistenza di un reale del sesso è ciò che noi supponiamo necessariamente a partire dalla nostra pratica clinica, visti gli effetti che ne constatiamo. Ciò che consegue – o meglio, ciò che ne facciamo conseguire – rimane però, in senso stretto, sempre una possibilità, non una necessità. Il carattere ipotetico di tale principio ci permetterebbe al massimo di aspirare alla coerenza, non alla verità. Come ci insegna Lacan, “l’arte di produrre una necessità di discorso è una cosa diversa da quella necessità”1. Tale necessità non può di fatto essere colta tramite l’utilizzo di una «logica scolastica che si è lasciata alle spalle ogni problematizzazione e ogni apertura alla ricerca» e dove «non si corre mai il rischio di pagare di persona»2. Pertanto, se partiamo dalla premessa che non è logico bensì meramente intellettuale quel discorso che è vincolato da premesse e concetti ideali senza poter pensare il darsi stesso delle une e degli altri, abbiamo bisogno di articolare il nostro interrogare ad un livello differente rispetto a quello strettamente esistenziale.

Riprendiamo la domanda iniziale: “Che cos’è dunque il reale del sesso?”. Seguendo Lacan, possiamo tentare di articolare una risposta: preliminarmente “non bisogna dire dunque, un termine che comporta di per sé troppo essere. Bisogna domandare direttamente che cos’è? La necessità è direttamente tale che, per il fatto stesso di produrla, non può che essere supposta inesistente prima di essere stata prodotta, il che vuol dire essere posta come tale nel discorso”3. Alla domanda correttamente posta “che cos’è il reale del sesso” potremmo allora rispondere che esso è qualcosa che necessariamente «c’è», una necessità prodotta dalla logica stessa del discorso dell’analisi. Ciò sembrerebbe consequenziale alla seguente affermazione: “il reale può definirsi come l’impossibile nella misura in cui viene attestato proprio a partire dalla presa del discorso della logica”4. L’esistenza di tale impossibilità è logicamente necessaria sebbene indimostrabile.

Ma, aggiunge Lacan, “in mancanza di una dimostrazione, dobbiamo in effetti ritenere che quanto è da produrre sia prima inesistente”5. Si tratta di un’affermazione molto problematica. Senza entrare nella selva delle conseguenze logiche e filosofiche che essa comporta, è possibile limitarsi ad articolarla con un passaggio successivo dello stesso Lacan, probabilmente la chiave di lettura dell’intero Seminario XIX: “l’inesistenza si produce solo nell’àpres-coup da cui sorge anzitutto la necessità, cioè a partire da un discorso in cui questa si manifesta prima che il logico […] vi avvenga lui stesso come seconda conseguenza, vale a dire contemporaneamente all’inesistenza stessa”6. Si tratterebbe qui di porre il fondamento dell’inesistenza come correlato necessario della necessità logica, di supporre un «non c’è» già nella stessa necessità che esso produce; di pensare, come ci invita a fare Lacan, “un uso funzionale dell’inesistenza”7.

Ne consegue che la domanda su “che cos’è il reale del sesso?” sia una necessità emergente a partire dal suo essere correlata ad una inesistenza posta al suo fondamento e sarebbe interessante, in via ipotetica e provvisoria, pensare tale correlazione a partire dai noti assiomi lacaniani dell’inesistenza,  quelli che si potrebbero definire, in mancanza di alternative migliori, i tre assiomi del «non»: non c’è rapporto sessuale, non c’è metalinguaggio, La Donna non esiste.

Possiamo pertanto provare a formulare la nostra risposta:

–    “«non c’è rapporto sessuale» è il reale del sesso”;
–    “«non c’è metalinguaggio» è il reale del sesso”;
–    “«La Donna non esiste» è il reale del sesso”.

Come è facile intuire, si tratta di tre formulazioni della stessa inesistenza, una e trina al contempo. In tutti e tre i casi, un uso funzionale dell’inesistenza sembrerebbe indicare che il reale del sesso sia la necessità prodotta ed emergente dell’assenza di un fondamento ontologico per ogni essere-parlante, a livello dell’universale, e per ciascun essere-parlante, nella sua attualizzazione singolare.

Il reale che ciascuno incontra nella propria esistenza, in quanto impossibile, sarebbe dunque il prodotto:

–     della mancanza di un fondamento ontologico sul quale il rapporto sessuale possa sostenersi per esistere;
–    dell’assenza di un metalinguaggio che permetta di dire l’indicibile del godimento proprio a ciascun essere-parlante;
–    dell’inesistenza di La Donna come universale garantito dalla logica del godimento fallico.

Il passaggio dall’inesistente come necessità all’esistente come impossibilità – come originaria e irriducibile mancanza-a-essere – risulterebbe pertanto sempre problematico. A livello dell’esistente, infatti, incontriamo solamente le diverse manifestazioni e conseguenze di queste tre differenti formulazioni dell’inesistenza. In ultima istanza, supponiamo un «non c’è» che si dà sempre come impossibile, producendo “ombre e riflessi” che finiscono con il delineare solamente un’ontologia immaginaria, l’unica possibile a questo livello8.

Partendo dall’uso funzionale del «non c’è» e della consistenza derivata dalla sua inesistenza, potremmo concludere che il reale del sesso si dispieghi negli effetti che produce, vale a dire in un-godimento particolare attraverso cui ciascuno, a modo proprio, finirebbe sempre con il fallire l’incontro con l’Altro del sesso. Si potrebbe perfino arrivare a sostenere che la “follia” di cui ciascun essere-parlante è portatore non sia altra che quella di cercare di fare obiezione a questi assiomi del «non», tentando di contraddirli con la propria esistenza.


[1] J. Lacan, Il Seminario, Libro XIX. …o peggio (1971-1972), Ed. it. a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino, 2020, p. 44.[2] M. Heidegger, Logica, il problema della verità (1925-1926), Ed. it. a cura di U. M. Ugazio, Mursia, Milano, 2013, p. 10.[3] J. Lacan, Il Seminario, Libro XIX. …o peggio (1971-1972),  op. cit., p. 45.
[4] Ivi, p. 36.
[5] Ivi, p. 44.
[6] Ivi, p. 47.
[7] Ibidem
[8] J.- A. Miller e A. Di Ciaccia, L’uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018.