Il sesso e la sua carne
(Irene d’Elia, Partecipante alle attività della SLP)


Il tema del nostro Convegno Il reale del sesso mi ha portata ad interrogarmi sul reale dell’organo genitale femminile, il sesso e la sua carne, e come da secoli venga drammaticamente mutilato, nel tacito assenso di intere culture. L’infibulazione è una tortura, riconosciuta come violazione dei diritti umani, inflitta ancora oggi a milioni di bambine. Un accanimento sul reale dell’organo genitale femminile. Mi sono chiesta se questa manovra di castrazione radicale eseguita sulla carne, sul corpo vivo pulsante della donna, possa essere considerata, un tentativo di soggiogare, sottomettere, seguendo l’orientamento psicoanalitico, questa creatura misteriosa e folle, in grado di uscire dalla logica fallica, oltrepassando il conosciuto. Che si tratti di castrazione sembra evidente, si elimina quel piccolo pene, il clitoride; lo si toglie e si richiude tutto, per privarla consapevolmente di ogni possibilità di provare piacere sessuale, perché non si distragga dalla sua funzione di moglie e madre. Tuttavia, possiamo suppore motivi inconsci più profondi, possiamo pensare che si tratti di una forma di odio per il corpo della donna?
Mi sembra sia possibile isolare alcuni punti in questa direzione. Una prima considerazione si aggancia alla dimensione reale dell’odio, l’odio per l’essere; seguendo Lacan, “un odio solido è qualcosa che si rivolge all’essere” [1]. L’odio è una passione lucida che cerca di colpire al cuore l’essere dell’Altro “punta a toccare il reale dell’Altro” [2]; un rifiuto della mancanza ad essere, nel quale l’inconsistenza dell’Altro è insopportabile. La presenza dell’Altro sesso, la donna in quanto inconsistente, quindi decompleterà sempre l’arsenale fallico. Potremo pensare allora che quel corpo femminile, con un organo sessuale troppo piccolo, o incompleto, che rievoca la minaccia della castrazione maschile, quel clitoride che nasconde un buco inafferrabile, vada perversamente ridefinito, tagliato e ricucito. Il buco deve avere dimensioni circoscritte e limitate, alle bambine si lascia solo un forellino di un centimetro per urinare. Si potrebbe trattare quindi di un tentativo di eludere l’inconsistenza odiosa?
In secondo luogo, l’odio colpisce chi incarna l’estraneo, lo straniero. Ognuno prova godimento solo a partire dal proprio corpo, non prova il godimento che prova il partner, resta solo con il suo godimento Uno [3]. Eppure l’esperienza analitica testimonia di un Altro godimento, diverso da quello legato all’erotismo genitale. Questo godimento Altro estraneo, straniero e mai rappresentabile, anche per chi ne è attraversato, è un’alterità assoluta. La donna dunque, il suo corpo e il suo sesso rappresentano un’estraneità radicale e ciò che è estraneo diviene inquietante. Ciò che non si conosce, l’unheimlich freudiano, genera angoscia. L’Altro sesso non può essere afferrato dal soggetto situato dal lato sinistro delle tavole della sessuazione, poiché chi si trova da questo lato, ha di mira un partner sempre ridotto a oggetto piccolo a. Quindi se non la si può afferrare, una donna la si riduce a oggetto nel reale, togliendole quel pezzettino di corpo, impedendole di accedere ad una dimensione altra?
Un terzo punto. Sappiamo che l’odio immaginario si scatena contro chi si pensa abbia qualcosa in più. Possiamo pensare che nel caso della donna, quel qualcosa in più, che lui vede e che lei ha, sia la sua possibilità di accedere all’Altro godimento, un godimento supplementare che a lui manca? Odio, dunque, verso un godimento che non si riconosce, che non si vuole includere, ma rigettare. L’odio si scatena su di un godimento altrui che si sente e si percepisce come distante, diverso, inassimilabile al proprio “odio per il modo in cui l’Altro gode” [4].
Inoltre, nell’Altro godimento ciò che è investito non è l’organo, ma il corpo intero “un corpo è qualcosa che si gode” [5]. Questo godimento che sfugge alla simbolizzazione è silenzioso, affine all’infinito, non localizzato, migrante. Va dunque castrato nel tentativo di circoscriverlo? Tuttavia, l’Altro godimento non può essere limitato da un organo, il clitoride o il punto G “nessuna detumescenza d’organo viene a mettervi fine, nessuna castrazione.” [6] Forse è proprio questo senza limite, che genera angoscia e ne determina l’accanimento folle? Ed è forse questo tentativo di circoscrivere il proprio godimento illimitato che porta queste bambine diventate madri, a torturare nello stesso modo le figlie? Una donna può essere angosciata dalla propria estraneità, in cerca di significazione su ciò che ella prova, interroga la funzione fallica, perché il fallo simbolico è una macchina per fabbricare significazione. Ella spera sempre di ottenere un significante dal suo partner e spera che tale significante le servirà a cifrare il suo godimento. A volte drammaticamente, una donna trova questa pacificazione nella violenza, in particolare nel colpo portato sul corpo può trovare una soluzione fallica, che dà una certa consistenza al suo corpo iscrivendo un godimento localizzato nell’organismo; i colpi ripetuti introducono una scansione attraverso una serie di S1. Nella mutilazione genitale non c’è una serie ripetuta, ma un trauma che segna orribilmente il corpo con un indelebile cheloide, potrebbe essere anche questo un tentativo estremo di fissare un godimento Altro del quale lei stessa non sa nulla?


[1] J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora (1972-1973) Einaudi, Torino, 2011, p.94

[2] A. Di Ciaccia, Nota editoriale, in La Psicoanalisi, n.27, Odio, Astrolabio, Roma 2000, p.8

[3] P. Monribot, Godimento femminile e punto G, in Amore domanda amore… encore (a cura di L. Biondi e G. Pazzaglia), Panozzo Editore, Rimini 2018, p.129

[4] M. Termini, Clinica delle passioni, Astrolabio, Roma, 2018, p. 160

[5] J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora 1972-1973 Einaudi Torino, 2011, p. 23

[6] P. Monribot, Lezione IV, in Amore domanda amore… encore (a cura di L. Biondi e G. Pazzaglia), Panozzo Ed., Rimini 2018, p. 84