Foucault sulla stampa italiana. Aprile 2021
Sergio Sabbatini (membro SLP /AMP)

“Sade non si fa abbindolare dal suo fantasma,
nella misura in cui il rigore del suo pensiero passa
nella logica della sua vita.”
Lacan, “Kant con Sade”, in Scritti, pag. 778.

Ci sono convergenze e distanze tra Foucault e la psicoanalisi. Michel Foucault apprezzava Lacan, diceva che aveva emancipato la psicoanalisi dal freudismo più retrivo, ma pensava che la psicoanalisi fosse di per sé votata alla difesa della società patriarcale e della differenza dei sessi. Insomma Foucault non distingueva la psicoanalisi al di là dell’Edipo, né l’assioma di Lacan “non c’è alcun rapporto sessuale”: non c’è una dottrina sul sesso, la sessualità è un buco nel sapere.

Nondimeno con le sue straordinarie analisi Foucault ha aperto una pluralità di campi di ricerca sui rapporti tra sessualità, sapere e potere, sulle istituzioni deputate al controllo della follia, della devianza, del corpo. Così ritroviamo Foucault nei dibattiti sulla biopolitica e negli studi postcoloniali. Dal suo pensiero si è elevato un nuovo paradigma, il genere; si veda il colloquio su “Il sesso dei moderni” tra Jacques-Alain Miller ed Éric Marty, su Rete Lacan n° 27 di domenica 21 marzo 2021.
Sull’Huffington post del 21 e 22 aprile 2021, Pierluigi Battista dedica la sua rubrica alle “Biografie sotto inquisizione”. Caravaggio, Einstein, come tanti altri, da Rimbaud ad Heidegger ed anche Turing magari, non sono stati nella vita all’altezza delle loro creazioni. Battista invita “la variopinta e chiassosa schiera di inquisitori e inquisitrici” a non esporre al ludibrio coloro che nella vita si sono resi responsabili di atti riprovevoli e a non distorcere il giudizio sulle loro opere. “E la teoria della relatività, teniamocela stretta, anche se partorita da un marito sessista e un padre inqualificabile.” E poi arriva a Foucault, in questi giorni sul banco degli imputati per i suoi comportamenti omosessuali, ‘disgustosi’ e pedofilici. Forse è più semplice contestare l’opera di Michel Foucault piuttosto che la teoria della relatività. Così cita Guy Sorman, che accusa Foucault di pedofilia coloniale: che idee può partorire una persona tanto indegna? E, continua Battista, si è levata una nuova inquisizione che pretende un’armonia virtuosa tra opera e vita e ricerca lubricamente gli elementi scabrosi nelle pieghe della vita di un autore.

Così sul Foglio del 17 aprile 2021, Giulio Meotti, che già qualche anno prima tacciava Foucault di profeta gay, di filosofo che predicava la morte dell’uomo e negava la libertà:
“Tutta l’opera di Foucault è permeata di odio assoluto, odio portato al suo livello assoluto, contro ogni forma di istituzione. Dietro questa distruttività si nasconde un fascino smodato per chi fa il male, esattamente come in Jean Genet e Georges Bataille e il marchese de Sade, trasfigurato sotto la sua penna in una sorta di angelo sterminatore. Riconosciamo lì il lato luciferino di Foucault. Il suo pensiero viveva del desiderio che nulla rimanesse dell’occidente, né le sue istituzioni, né la sua cultura, da qui il suo sostegno agli ayatollah iraniani. Ma è soprattutto nella sua fine che Foucault suggellò la sua filosofia. L’intellettuale francese omosessuale vedeva nel sesso orgiastico senza protezione, fino alla sua condanna a morte per Aids, una risposta al desiderio di anonimato, al diventare “senza volto”.

Meotti pubblica ora, sulla stessa linea, un’intervista a Robert Redeker: e scopriamo che Foucault ha appiccato il fuoco alla civiltà occidentale. A Foucault si deve quanto di peggio emerge dalla cultura woke e cancel: “la libertà di parola è solo fonte di discriminazione.” L’intersezionalità, l’aver colto la microfisica del potere all’interno dei processi di decolonizzazione e di emancipazione delle minoranze, ha causato la ripresa del neoliberismo ed il ritorno dei linguaggi identitari, con nuovi processi di esclusione. E poi Michel Foucault era pensatore radicale e pedofilo, per questo ha sfidato i principi occidentali che distinguono tra bene e male, ragione e follia, normale e anormale. Mentre sfidava il potere dei bianchi lui stesso ha perpetrato degli abusi di potere.

“Deleuze ha detto che ammirava la risata di Foucault. Quello che Deleuze non dice è che quella risata era quella del diavolo”.

Ma anche il quotidiano progressista per eccellenza è su questa scia. “L’allucinante Foucault” titola in prima pagina il Venerdì di Repubblica del 9 Aprile. All’interno un articolo di Marco Cicala, “Tutti pazzi per Michel Foucault” che richiama il Tutti pazzi per Gödel, di Francesco Berto. Nel sottotitolo Cicala si chiede se il ‘visionario Foucault’ sia stato un cattivo maestro.  Lo innalza a ennesimo più importante pensatore del Novecento, che però ha ispirato gli estremismi e l’uso degli allucinogeni.

Storditi da questo filone oscurantista riprendiamo a respirare grazie a un intervento di Giovanna Ferrara, “Bisogna difendere Foucault”, del 13 aprile 2021. (https://operavivamagazine.org/bisogna-difendere-foucault). Cito ampi brani e invito a leggerlo integralmente.

“«Tra i tormenti giovanili c’è soprattutto l’omosessualità». Si è tentato di rileggere la frase varie volte, cercando anche di prendere una distanza emotiva dal gelido stupore che essa imprime. Ma niente, l’atmosfera di reazione e ottusità non si dirada, non stinge. L’articolo è a firma Marco Cicala, che non scrive sull’Avvenire, giornale che, tra l’altro, ci ha abituati a posizioni d’avanguardia sul tema dei migranti. È il Venerdì di Repubblica, che dedica al all’ «Allucinante Foucault» un inserto che scoraggia e lascia senza forza. Tutto il pezzo di Cicala racconta, involontariamente, il disagio in cui piomba la società progressista e responsabile, «ben» rappresentata da Repubblica, di fronte alle azioni e al pensiero di un uomo libero.”

“«Il giovanotto non stava benissimo», dice all’entrée del pezzo. Vengono le lacrime agli occhi a pensare che viene liquidata così l’inquietudine che c’è dietro la vita di un uomo tutta spesa nel tentativo di disinnescare la dittatura della norma. Che ne ha smontato l’impianto illibertario pezzo per pezzo, non solo con gli scritti, ma offrendo il proprio corpo all’esperienza marginale. Prendendo la questione del controllo da tutti i lati, da quello della medicina a quello del carcere, da quello della spiritualità a quella dei corpi.”

E ancora:
“Il portato di questa concatenazione è veramente sconvolgente. Giacciono a terra come vittime dilaniate tutti gli studi decoloniali, che detronizzano l’occidente dalla sua prepotente centralità come luogo di interpretazione del reale. Vengono sporcate tutte le narrazioni sui sistemi classisti che relegano le periferie e i suoi abitanti (spesso migranti di seconda e terza generazione) a un destino di subalternità e sfruttamento.”