Il reale del sesso passando per Freud e Lacan per arrivare ad oggi…
Carla Antonucci
Il cartello si apre nella difficoltà di cogliere il senso del reale del sesso o perlomeno nel tentativo di bordare qualcosa le cui coordinate sono sconosciute in partenza.
Non c’è un testo di riferimento, non c’è un programma l’unica cosa che sappiamo è che si tratta di un cartello lampo che dovrà chiudersi in un tempo che ha come scadenza un inizio: la partecipazione al convegno nazionale.
Il cartello che porta come nome il titolo del testo che qui depositato ha un sottotitolo non detto: Da nord a Sud, apre per me a un’altra questione che trovo in quest’epoca trans da non sottovalutare, una questione feconda. Un cartello online che non ha confini, siamo dislocate da nord a sud, non c’è segreteria a identificarne la provenienza o regione, porta con se un’unica insegna: la Scuola Una. Nato sotto la buona stella della diversità, un ottimo inizio per cominciare questa avventura.
C’è una strana sensazione per me alla partenza, sono imbarazzata ma al contempo emozionata come il giorno prima di una gita quando ero bambina, desiderosa di varcare la soglia, comincio con un “boh” gigantesco. Sarà Mary Nicotra il nostro Più Uno a depositare per me la prima lastra, “Il reale del sesso è qualcosa di singolare e diverso per ognuno”. Bene ce lo siamo detto, stiamo muovendoci a tentoni, che meraviglia, non sono sola, siamo tutte in accordo nel dire che vogliamo navigare senza un programma. Una alla volta portiamo a ciascun incontro le nostre letture, ogni volta tocchiamo con mano il fatto che l’insieme che cerchiamo di circoscrivere non potrà essere chiuso, siamo difronte a un insieme aperto, mi sorprendo quando cerco la definizione di insieme aperto: la topologia è l’ambito più generale in cui si incontrano gli insiemi aperti. Nel tentativo di venirne fuori ci spostiamo di punto in punto ma ci rendiamo conto che non sarà mai sufficiente, c’è sempre qualcosa in più, un altro punto sufficientemente vicino su cui spostarsi, colgo e comprendo in questo processo quello che Pierce definiva come semiosi illimitata.
Nelle mie letture scorgo che la civiltà ha da sempre cercato di dare un senso alla differenza tra i due sessi, maschile e femminile cogliendo che ogni cultura ha nominato questa questa differenza ciascuno con i propri termini. A livello della civilizzazione maschio e femmina, la differenza sessuale tra maschio e femmina è un fatto universale, mi viene da pensare al fatto che da sempre si sottolinei questa differenza, la prima cosa che ti insegnano all’asilo è di utilizzare un bagno diverso a seconda che tu sia maschio o femmina. Ma rispetto alla questione che cosa voglia dire
essere un uomo o una donna non c’è una risposta sola e univoca, non c’è una risposta universale.
“L’esistenza di una tale diversità di identificazioni sessuali è indice di una mancanza di identità a livello del sesso, […] manca a livello simbolico un significante quando si tratta di isolare un significante che dica con certezza che cos’è una donna o che cos’è un uomo. […] Questa mancanza di identità sessuale è compensata da una grande varietà di identificazioni particolari. Ma resta il fatto che non esiste, dato un individuo, delle certezze che concernono il proprio sesso.”[1]
Non essendoci nessuna risposta universale, effettivamente, il nostro cartello parte dicendo il reale del sesso è a ciascuno, e in effetti in analisi tutti finiamo per domandarci sono un uomo o sono una donna? La domanda finisce sul singolare di ciascuno, l’esperienza analitica ci porta a scoprire le identificazioni sulle quali ci reggiamo, ci dice che le identificazioni sulle quali ci reggiamo sono fallaci e mette a nudo questa domanda svelandoci che questo interrogarsi sul proprio sesso si articola nella struttura del sintomo.
Sesso e sessuazione, due cose differenti per Lacan, nasciamo biologicamente maschio o femmina ma poi bisogna che ci si interroghi su che cosa vuol dire per ciascuno essere uomo o donna. Oppure come dice Lacan di “fare l’uomo,[…], in età adulta è destino degli esseri parlanti suddividersi in uomini e donne. […] ciò che definisce l’uomo è il suo rapporto con la donna e viceversa.”[2] Dunque per Lacan la definizione dei sessi avviene per rinvio l’uno all’altro, l’uomo e la donna, possiamo pensare che come per i significanti, il genere si costruisca nella differenza. Il genere per Lacan è interamente nel linguaggio e fa segno. Segno di cosa? Del desiderio dell’Altro. In effetti non basta mettere un “nome (come) qualcosa che si appiccica sul reale.”[3] Non basta dire tu sei maschio, o tu sei femmina, come è accaduto a Bruce/Brenda Reimer [4]. Per Lacan non c’è che maschio e femmina ma al contempo introduce la mascherata del desiderio che apre a una molteplicità di modi diversi di poter essere, introduce a delle identificazioni che non sono imposte dalla natura ma che si creano e si muovono a partire dagli enigmi e dalle difficoltà che rappresenta la scoperta sessuale per ciascun soggetto.
Mi si apre una questione: che il reale del sesso sia un universale per la psicoanalisi?
[1] J. L. Gault, Hommes et Femmes selon Lacan, Section Clinique Nantes, http://www.sectioncliniquenantes.fr/wp-content/uploads/2019/06/19-06-20-Gault-Affaire-sexuelle.pdf
[2] J. Lacan, Il Seminario, Libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, pag 25.
[3] Ibidem, pag 21.
[4] J. Colapin, Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza. San Paolo Edizioni.