Sessualità e procreazione: reale del sesso e nuovi modi del nascere
Valentina Lucia La Rosa
La proposta di iniziare l’esperienza di un cartello lampo sul tema del XVIII Convegno nazionale SLP “Il reale del sesso” aveva, in un primo momento, suscitato in me una serie di dubbi e interrogativi: Come funziona un cartello lampo? Sarà davvero possibile in poco tempo riuscire o almeno provare a dire qualcosa su un tema tanto affascinante quanto complesso e oscuro? Riuscirò a lavorare bene con colleghe di altre parti d’Italia con cui non ho mai lavorato prima? Dubbi e interrogativi che hanno lasciato posto a un desiderio deciso per il lavoro di cartello già durante il primo incontro con le colleghe cartellizzanti che ha portato poi alla scelta del nostro più-uno: Mary Nicotra. A partire da quel momento, è iniziata la mia esperienza di cartello di cui adesso proverò a tirare le fila in après-coup, come ci insegna Lacan.
Il titolo del nostro cartello “Giostre di godimento, girotondi di discorsi sulla contemporaneità del Reale del sesso” ben rappresenta il lavoro che abbiamo portato avanti in questi mesi: un susseguirsi di sollecitazioni, spunti di riflessione e di approfondimento, proprio come in un girotondo. Tra le tante giostre di godimento che contraddistinguono il Reale del sesso nella contemporaneità, ho deciso personalmente di “fare un giro” su quella dei nuovi modi del nascere nell’epoca del progresso tecnologico e sulle possibili declinazioni del Reale del sesso in un campo in cui il discorso della scienza la fa sempre più da padrone.
Il rapporto tra scienza e psicoanalisi mi ha sempre appassionato, sia per la mia personale storia di vita che per le esperienze professionali e di ricerca maturate negli ultimi anni. Il lavoro di cartello è stato dunque uno strumento prezioso per addentrarmi ancora più in profondità in questo ambito così delicato e foriero di interrogativi, in particolar modo per chi cerca di portare il discorso analitico, che si fonda sulla centralità del soggetto e della dimensione dell’uno per uno, all’interno dell’universale del discorso della medicina.
Il mio punto di partenza è stato il recente testo di François Ansermet dal titolo “La fabbricazione dei bambini. Una vertigine tecnologica” [1]. Già nel titolo di questo volume è ben esplicitato il nodo centrale della questione della filiazione nell’epoca contemporanea: il figlio trasformato in un oggetto che, al pari degli altri oggetti che il discorso capitalistico ci propone quotidianamente, può essere fabbricato grazie alle più moderne tecnologie.
Concepire un bambino è sempre un viaggio verso l’ignoto. Avere un figlio, infatti, nasce dal desiderio di dare vita a un nuovo individuo, un desiderio di essere più di due e di sopravvivere oltre se stessi. Questo desiderio diventa ancora più forte e deciso quando il concepimento è reso difficile da problemi di infertilità o dalla sessualità dei componenti della coppia (è il caso delle coppie omosessuali). I progressi della scienza e della tecnica hanno consentito di superare queste impasse e di trasformare l’impossibile in possibile. È così che ciò che è possibile diventa un oggetto del desiderio a cui aspirare a tutti i costi. Volere un figlio confina così con la rivendicazione di ottenere dal mercato un prodotto disponibile grazie alla scienza, come opportunamente sottolineato da Dominique Holvoet nella presentazione del prossimo congresso PIPOL.
Quale posto per il Reale del sesso in questo inedito scenario? Un punto importante che viene evidenziato quando si parla di procreazione medicalmente assistita è la separazione tra sessualità e procreazione che essa introduce. Eppure, come ci insegna Lacan, la relazione tra sessualità e procreazione non è così lineare come si potrebbe pensare, anzi è una relazione impossibile da concettualizzare. L’evidenza del “non c’è rapporto sessuale”, ovvero del fatto che non esista un sapere o una formula prestabiliti per definire il rapporto tra i sessi, introduce un Reale difficile da sopportare e che va in qualche modo bordato. Un Reale rispetto al quale il figlio può rappresentare una soluzione, un sostituto del non- rapporto. Le tecniche di riproduzione medicalmente assistita rendono manifesta questa scissione che in realtà, tuttavia, riguarda ogni procreazione e non solo quella ottenuta tramite la medicina riproduttiva. È un punto questo che sicuramente continuerà a interrogarmi, anche alla luce delle risonanze prodotte in me dal Convegno nazionale che si è appena concluso.
Le due dimensioni del desiderio e godimento sono dunque profondamente intrecciate quando parliamo di filiazione. Siamo infatti in un’epoca in cui i desideri sono rivendicati come diritti e, allo stesso modo, anche un sistema di godimento può diventare un diritto. Si può, in ultima analisi, parlare di un diritto al figlio? E il concetto di diritto fondato sulla “natura” è ancora una categoria valida, anche alla luce dei mutamenti dell’epoca contemporanea? Altro punto di interrogazione che rimane in me ancora aperto.
In conclusione, questo lavoro di cartello lascia in me la consapevolezza che, come analisti, non possiamo sottrarci a tali questioni, non possiamo negare questo reale fuori natura perché – come ci ricorda Miller – «il rifiuto di accogliere questo fatto nel simbolico lo farà ritornare nel reale in modo molto più minaccioso». Il compito che ci spetta è quello di offrire ai soggetti contemporanei un punto di riferimento per superare il senso di vertigine e l’angoscia prodotti dalle innumerevoli opzioni offerte dalla medicina e dalle biotecnologie, e di creare uno spazio in cui poter cogliere il soggetto nella sua singolarità e unicità, al di là di ciò che viene imposto dalle nuove soluzioni della scienza.
La presenza viva del discorso analitico anche in questi contesti così nuovi e per certi versi inediti rappresenta un argine al pericolo per la scienza e la medicina di ridursi a mera tecnica, grazie alla possibilità di accogliere le dimensioni del desiderio e del godimento soggettivo.
[1] Ansermet F. (2021), La fabbricazione dei bambini. Una vertigine tecnologica, Milano, Magi Edizioni.