La bibliografia online
Jacques Lacan
I Seminari
Libro III, Le psicosi (1955-1956), Einaudi, Torino, 1985
« Ogni uso del linguaggio suscita uno spavento che blocca la gente e si traduce nella paura dell’intellettualità. Intellettualizza troppo, si dice.
Questo serve da alibi alla paura del linguaggio » p. 270.
Il Seminario. Libro VI, Il desiderio e la sua interpretazione, (1958-1959), Einaudi, Torino, 2016
« L’afanisi è qui il far sparire l’oggetto in questione, vale a dire il fallo. Se il soggetto non può accedere al mondo dell’Altro, è perché il fallo non viene fatto intervenire nel gioco ma viene riservato, preservato.
Ora, come vedete, il fattore più nevrotizzante non è la paura di perdere il fallo o la paura della castrazione. La leva assolutamente fondamentale della nevrosi è il non volere che l’Altro sia castrato » . p. 253.
« La dimensione veramente intollerabile offerta all’esperienza umana non è l’esperienza della propria morte, che nessuno ha, bensì quella della morte di un altro, che sia per voi un essere essenziale. Una simile perdita costituisce una Verwefung, un buco, ma nel reale. Per la stessa corrispondenza che articolo nella Verwerfung, questo buco offre il posto in cui si proietta precisamente il significante mancante.
Si tratta qui del significante essenziale alla struttura dell’Altro, quello la cui assenza rende l’Altro impotente a darvi la vostra risposta. Tale significante potete pagarlo soltanto con la vostra carne e il vostro sangue. È essenzialmente il fallo sotto il velo. » p. 371.
Il Seminario Libro X, L’Angoscia (1962-63), Einaudi, Torino 2007
« Non sto sviluppando per voi una psicologia, un discorso su questa realtà irreale chiamata psiche, ma su una prassi che merita un nome: erotologia (studio dell’eros). Si tratta di desiderio.
[…] L’angoscia non è senza objektlos, non è senza oggetto […] Freud stesso dice che l’angoscia è essenzialmente Angst for etwas, angoscia davanti a qualcosa […] A ogni modo sottolineiamo che per tradizione ci troviamo qui di fronte a un tema quasi letterario, un luogo comune, la paura e l’angoscia. Si tende ad accentuare l’opposizione tra la paura e l’angoscia in funzione della posizione di ognuna delle due rispetto all’oggetto […] Si arriva a dire che la paura è, per sua natura, adeguata, corrispondente, entsprechend, all’oggetto da cui procede il pericolo […]
Al vor etwas di Freud è facile dare subito il suo supporto […] Che cosa avvisa il soggetto che si tratta di un pericolo se non la paura stessa, se non l’angoscia? Il senso che può avere il termine di pericolo interno è legato alla funzione di una struttura da conservare.
È dell’ordine di ciò che chiamiamo difesa […]. È ciò che egli chiama il pericolo – Gefahr o Gefaehrdung– interno, quello che viene da dentro […] Possiamo già dire che l’etwas, di fronte al quale l’angoscia opera come segnale, è dell’ordine dell’irriducibile del reale » pp. 171-174
« Si insiste sul fatto che gli effetti della paura avrebbero, per principio un carattere di adeguamento, e cioè provocherebbero la fuga. Tale tesi è sufficientemente compromessa dal fatto che in molti casi la paura paralizza, si manifesta con azioni inibenti, addirittura completamente disorganizzati, oppure getta il soggetto nello sgomento meno consono alla risposta. Conviene dunque cercare altrove il riferimento per cui l’angoscia se ne distingue » p. 173
Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (1964), Einaudi, Torino 2003
«Perché l’inconscio ci mostra la faglia attraverso cui la nevrosi si raccorda con un reale – reale che, quanto a lui, può benissimo non essere determinato.» p. 23.
« Nessuna prassi più dell’analisi è orientata verso ciò che, nel cuore dell’esperienza, è il nocciolo del reale. Il reale, dove lo incontriamo? Proprio di un incontro, di un incontro essenziale si tratta infatti in ciò che la psicoanalisi ha scoperto – di un appuntamento a cui siamo sempre chiamati con un reale che si sottrae.» p. 53.
«Prima di tutto la τυχη che abbiamo preso, come vi ho detto la scorsa volta, dal vocabolario di Aristotele nella sua ricerca della causa. L’abbiamo tradotta – incontro con il reale. Il reale è al di là dell’αυτοματον del ritorno, del ritornare, dell’insistenza dei segni a cui ci vediamo comandati dal principio di piacere. Il reale è ciò che giace sempre dietro l’αυτοματον ed è evidente, in tutta la ricerca di Freud che è proprio lì il suo cruccio.» p. 52-53.
« Il fantasma è solo lo schermo che dissimula qualcosa di assolutamente primo, di determinante nella funzione della ripetizione » p. 58
« Il reale è al di là del sogno che dobbiamo cercarlo – in ciò che il sogno ha ricoperto, avviluppato, ci ha nascosto, dietro la mancanza della rappresentazione di cui c’è solo un facente funzione-. È questo il reale che più di ogni altro comanda le nostre attività ed è la psicoanalisi che ce lo insegna. » p. 59
« Per noi, nel nostro riferimento all’inconscio, è del rapporto con l’organo che si tratta. Non si tratta del rapporto con la sessualità, e neppure del rapporto con il sesso, ammesso che possiamo dare a questo termine un riferimento specifico – ma del rapporto con il fallo, in quanto esso viene meno rispetto a ciò che di reale potrebbe esser raggiunto nelle mire del sesso.» p. 101.
« Sulla questione del sesso abbiamo fatto, dal tempo in cui Freud articolava la sua scoperta dell’inconscio, vale a dire negli anni 1900 o quelli immediatamente precedenti, qualche progresso scientifico. Per quanto sia integrata alla nostra iconografia mentale, non dobbiamo comunque ritenere che la scienza che da allora abbiamo acquisito sul sesso sia esistita da sempre. Ne sappiamo un pochino di più sul sesso. Sappiamo che la divisione sessuale, in quanto regna sulla maggior parte degli esseri viventi, è ciò che assicura la conservazione dell’essere di una specie.» p. 146.
« Il cammino del soggetto passa tra le muraglie dell’impossibile » p.163
« Riprendo, a partire da qui, il mio discorso sulla pulsione. Sono stato condotto ad affrontarlo dopo aver posto che il transfert è ciò che, nell’esperienza, manifesta la messa in atto della realtà dell’inconscio in quanto essa è sessualità. » p.169
« Se tutto è groviglio nella discussione sulle pulsioni sessuali è perché non si vede che la pulsione senza dubbio rappresenta, ma non fa che rappresentare, e parzialmente, la curva del compiersi della sessualità nel vivente. Come stupirsi che il suo ultimo termine sia la morte? Poiché la presenza del sesso nel vivente è legata alla morte.» p. 172.
« […] ciò con cui la donna ha a che fare, ammesso che possiamo parlarne, è questo godimento suo proprio […] » p.192
« Qui si sovrappongono due mancanze. Una dipende dal difetto centrale attorno al quale ruota la dialettica dell’avvento del soggetto al proprio essere nella relazione con l’Altro -per il fatto che il soggetto dipende dal significante e che il significante è in primo luogo nel campo dell’Altro. Questa mancanza viene a riprendere l’altra mancanza che è la mancanza reale, anteriore, da situare nell’ avvento del vivente, vale a dire nella riproduzione sessuata. La mancanza reale è ciò che il vivente perde, della sua parte di vivente, nel riprodursi attraverso la via sessuata. Tale mancanza è reale perché si riferisce a qualcosa di reale, che è il fatto che il vivente, in quanto soggetto al sesso, è caduto sotto il dominio della morte individuale. » p. 200-201.
« Ecco l’oggetto della mia lezione di oggi. Ciò che egli ricerca è (-φ), ciò che manca a lei. Ma questa è una faccenda da maschi.
Lei, invece, sa molto bene che non le manca niente. O meglio, sa che la modalità in cui la mancanza interviene nello sviluppo femminile non è articolata a livello in cui viene cercata dal desiderio dell’uomo, quando per lui si tratta per l’esattezza di quella ricerca sadica su cui ho in primo luogo posto l’accento qui quest’anno, e che consiste nel far scaturire ciò che nel partner deve essere al posto che si suppone essere il posto della mancanza » p.215
« […] l’oggetto a. Questo oggetto supporta quello che, nella pulsione, è definito e specificato dal fatto che l’entrata in gioco del significante nella vita dell’uomo gli permette di far sorgere il senso del sesso. Cioè che, per l’uomo, e per il fatto di conoscere i significanti, il sesso e le sue significazioni sono sempre suscettibili di presentificare la presenza della morte. » p. 252.
« C’è qualcosa di profondamente mascherato nella critica della storia che abbiamo vissuto. É, presentificando le forme le più mostruose e pretese superate, dell’olocausto, il dramma del nazismo. Ritengo che nessun senso della storia, fondato sulle premesse hegelo-marxiste, sia capace di rendere conto di quella risorgenza per cui si verifica che l’offerta a déi oscuri di un oggetto di sacrificio è qualcosa a cui pochi soggetti possono non soccombere, in una mostruosa cattura » p. 270
Libro XVI, Da un Altro all’altro, [1968-1969], a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2019
« La struttura è il da prendere nel senso in cui è la cosa più reale, o è il reale stesso » p. 24.
« […] è sicuramente prudente, per quanto riguarda il sesso, non fermarsi a degli schemi grossolani. […] ci si rende conto che parlare del sesso è piuttosto complicato. Sarebbe per esempio opportuno non confondere quello che è il rapporto – termine inteso in senso logico – con la relazione che fonda la funzione congiunta dei due sessi. […] Il fatto che ce ne siano due costituisce certamente delle basi fondamentali della realtà, ma sarebbe il caso di rendersi conto di dove arrivano le sue incidenze logiche. Per una curiosa ripercussione, infatti, ogni volta che abbiamo a che fare con il numero 2, ecco che il sesso entra in scena, perlomeno nella nostra condizione mentale, da una porticina, e tanto più facilmente in quanto, del sesso, non si sa nulla» p. 217–218.
« Stiamo dunque attenti a simili contaminazioni che ci rendono così facile far coincidere una funzione, di cui probabilmente ci sfugge l’essenziale, con la posizione del più o del meno in matematica o addirittura con quella dell’uno o dello zero in logica. Stiamoci attenti a maggior ragione perché la logica freudiana, se posso dire così, ci indica precisamente che non può funzionare in termini polari. Tutto ciò che essa ha introdotto come logica del sesso rientra in un solo termine che è veramente il suo termine originale, il quale corrisponde alla connotazione di una mancanza e si chiama castrazione ». p. 220.
« Se definiamo il reale mediante l’abolizione pensata del materiale simbolico, esso non può mai mancare di nulla. L’animale che crepa a causa di una serie di effetti fisiologici perfettamente adeguati – che è del tutto escluso chiamare per esempio effetti della fame, perchè è fine dell’organismo in quanto σῶμα (soma) – non manca di niente. Ci sono abbastanza mezzi nel perimetro del suo organismo per misurare la sua riduzione, detta mortale. Anche il cadavere è un reale. » p. 293
« A sollecitarci in modo sempre più forte man mano che si sviluppano ulteriormente le impasse in cui ci incastra il sapere non è il sapere cosa l’Altro sa, bensì il sapere cosa vuole. (—) Questa questione verte sull’avanzata del sapere con la sua forma di in-forma di a, quella forma che si delinea in modo completamente diverso che in uno specchio.» p. 301
« In questo modo lo vediamo (il marchio di A) insomma incavarsi per via di quello che la volta scorsa ho chiamato l’in-forma di A, vale a dire quell’a che lo buca. » p. 309
Il Seminario. Libro XVII. Il rovescio della psicoanalisi (1969-1970), Einaudi, Torino, 2001
« La ripartizione degli esseri viventi, o almeno di una loro parte in due classi – con la conseguenza di cui ci accorgiamo, vale a dire molto probabilmente la irruzione della morte, poiché gli altri esseri, quelli non sessuati, non hanno poi tanto l’aria di morire – non ha niente a vedere con quel che chiamiamo sesso, né sembra possedere qualcuno dei suoi accenti. L’aspetto importante, evidentemente, non è questo riferimento biologico. Il che mostra che occorre essere particolarmente cauti prima di pensare che possa bastare un richiamo a un qualunque organicismo, ovvero a un riferimento di tipo biologico, per mettere in evidenza la funzione del sesso nel discorso freudiano. Ci si rende dunque conto che sesso, con l’accento che ha per noi, il suo tipo di impiego e la sua significativa diffusione, è sexus. Rispetto al greco, bisognerebbe continuare l’indagine in altre lingue positive. In latino tuttavia esso si ricollega, molto chiaramente, a secare. Nel sexus latino è implicato quel che ho messo in evidenza inizialmente, e cioè che tutto si gioca intorno al fallo.». p. 89.
Il Seminario. Libro XVIII. Di un discorso che non sarebbe del sembiante (1971), Einaudi, Torino, 2010
« Quali che siano i tentennamenti ai quali lui stesso ha potuto cedere in quest’ordine di cose, quel che Freud rivela del funzionamento dell’inconscio non ha niente di biologico. Esso ha diritto di chiamarsi sessualità unicamente per il tramite di quello che chiamiamo rapporto sessuale. Ciò è d’altronde del tutto legittimo fintantoché ci si serve del termine sessualità per indicare un’altra cosa, ossia ciò che si studia in biologia, il cromosoma e la sua combinazione xy o xx, oppure xx, xy, che non ha niente a che vedere con ciò di cui invece si tratta e che ha un nome perfettamente enunciabile: i rapporti tra l’uomo e la donna. Conviene partire da questi due termini nella pienezza del loro senso e con la relazione che questo comporta.». p. 24.
« La verità con cui i giovani esseri parlanti, nessuno escluso, devono confrontarsi è che c’è chi non ce l’ha, il fallo. […] E ciò che importa è che per gli uomini la ragazza è il fallo, ed è questo a castrarli. Per le donne il ragazzo è la stessa cosa e ciò castra pure loro, perché non ottengono altro che un pene e questo è un fallimento. […] Ecco il reale. Il reale del godimento sessuale, in quanto distaccato come tale, è il fallo. In altre parole, il Nome del Padre.». p. 28.
« Che non c’è rapporto sessuale è qualcosa che ho già fissato sotto questa forma: non c’è attualmente nessun modo di scriverlo. Chissà, c’è chi sogna che un giorno si scriverà. Perché no? Ci sono i progressi della biologia, c’è Jacob, non vi pare? […] Comunque sia, al giorno d’oggi non si può scrivere il rapporto sessuale senza far entrare in funzione una cosa che è un po’ buffa, proprio perché, per l’appunto, non si sa niente del suo sesso, vale a dire il fallo.» p. 75.
« In altri termini il godimento sessuale prende la sua struttura dall’interdetto che colpisce il godimento rivolto verso il proprio corpo, ossia, per la precisione, quel punto di spigolo e di frontiera in cui confina col godimento mortale. E il godimento raggiunge la dimensione sessuale solo se l’interdetto colpisce il corpo da cui esce il proprio corpo, ossia il corpo della madre.» p. 99.
« […] la lettera da cui parto per inaugurare i miei Scritti si designa per quello che è, e per quello in cui indica tutto ciò che Freud stesso sviluppa: se essa favorisce qualcosa che è dell’ordine del sesso, non è certo un rapporto sessuale, ma un rapporto, diciamo, sessuato. Ecco qual è la differenza. Freud dimostra, e ha apportato come fatto decisivo, che noi intravediamo, tramite l’intermediazione dell’inconscio, che tutto ciò che è linguaggio ha a che vedere con il sesso, è in un certo rapporto con il sesso, e che si tratta precisamente di questo: il rapporto sessuale, almeno fino al momento attuale, non può iscriversi in alcun modo nel linguaggio.» p. 121.
Libro XIX, … o peggio [1971-1972], a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2020
« Quando dico che non c’è rapporto sessuale, avanzo molto precisamente questa verità: che il sesso non definisce alcun rapporto nell’essere parlante. […] La piccola differenza viene distinta molto presto come organo, il che è già tutto dire: ὄργᾰνον, strumento. » p. 7.
« La passione del transessuale é la follia di volersi liberare di questo errore, l’errore comune di non vedere che il significante è il godimento e che il fallo è soltanto il suo significato. Il transessuale non vuole più essere significato come fallo dal discorso sessuale, il quale – come io enuncio – è impossibile. Egli ha un solo torto: voler forzare tramite la chirurgia il discorso sessuale, che, in quanto impossibile, è il passaggio del reale.
E la medesima cosa che ho enunciato tempo fa in un certo programma per un congresso sulla sessualità femminile. Ho affermato – per coloro che sanno leggere naturalmente- che solo l’omosessuale, da intendere qui al femminile, sostiene il discorso sessuale in tutta sicurezza. » p.11
« Il reale è ciò che domina tutta la funzione della significanza. Il reale è ciò che incontrate proprio per il fatto di non poter scrivere una qualsiasi cosa in matematica. Il reale e ciò che concerne il fatto che, in quella che è la funzione più comune, siete immersi nella significanza e però non potete afferrare tutti i significanti contemporaneamente. È interdetto dalla loro struttura. » pp. 23-24
« Il teorema è dimostrabile se si lasciano in sospeso i valori vero e falso come tali. Questo punto saliente illustra quanto detto della beanza logica.
Il reale può definirsi come l’impossibile nella misura in cui viene testato proprio a partire dalla presa del discorso della logica. Questo impossibile, questo reale, deve essere da noi privilegiato. Da noi chi? Dagli analisti, perché è il paradigma di ciò che mette in discussione quanto può scaturire dal linguaggio. Dal linguaggio scaturiscono certi tipi di discorso che ho definito dicendo che instaurano ciascuno un determinato tipo di legame sociale […] Nel reale che si impone a partire dall’interrogazione logica del linguaggio propongo di trovare il modello di ciò che ci interessa vale a dire di ciò che palesa l’esplorazione dell’inconscio. » p.36
« Non c’è un secondo sesso a partire dal momento in cui entra in funzione il linguaggio » p.91
« Che cosa diventa per la donna questa seconda barra che ho potuto scrivere soltanto definendola come non- tutta? Ella non è contenuta nella funzione fallica senza peraltro esserne la negazione. Il suo modo di presenza e fra centro e assenza. […] Assenza è ciò che le permette di lasciare ciò per cui non partecipa della funzione fallica nell’assenza che è nondimeno godimento, essendo godiassenza. » p.117
« Dell’amore si parla nell’analisi. Se ne parla, beninteso, a causa della posizione dello psicoanalista. […] questa sera non siamo qui per perdere tempo […]. Si tratta invece di sapere che rapporto ci sia fra tutte queste verità di esperienza che vi sto brevemente rievocando e la funzione del sesso nella psicoanalisi. […] Perché lo psicoanalista si immagini che il fondamento di ciò a cui si riferisce sia costituito dal sesso? Non c’è minimo dubbio che il sesso sia reale. E la sua struttura è il duale, il numero due. Checché se ne pensi, di sessi ce ne sono solo due: gli uomini e le donne » pp. 150-151.
« Quando si tratta di sesso, si tratta dell’Altro sesso, anche nel caso in cui gli si preferisce il proprio [ossia il medesimo] ». p. 151
« Da qualche parte abbiamo visto al microscopio che cosa è il sesso. Non parlo degli organi sessuali ma dei gameti.» p. 152.
« Con il pretesto del sesso, da molto tempo prima che si sapesse che ci sono due tipi di gameti, lo psicoanalista ha creduto che ci fosse un rapporto sessuale. Ora lo sappiamo con certezza che il sesso si trova lì, in due piccole cellule che non si assomigliano, ci sono stati degli psicoanalisti che, in un ambito, diciamo non passato granché al setaccio, hanno trovato il modello di non so quale temibile effrazione nell’intrusione del gamete maschile, dello spermato, come viene chiamato, nonché zoo nell’involucro dell’ovulo. » p. 152.
« Si tratta del rapporto fra l’Uno che deve essere contato in più e ciò che – in quello che io enuncio non come supplente ma come dispiegantesi in un luogo al posto del rapporto sessuale – si specifica con l’esiste, ossia non già Φ di x, bensì il dire che questo Φ di x non è la verità. ⱻx. Φx (soprassegnato)
Da lì sorge l’uno che fa sì che questa formula debba essere posta dalla parte di ciò che fonda l’uomo in quanto tale. Ed è l’unico elemento caratteristico.
Sarebbe a dire che questo fondamento lo specifica sessualmente? È precisamente ciò che dovrà essere messo in discussione nel seguito, poiché sta comunque nel fatto che la relazione Con Φ di x definisce qui l’uomo a mo’ di attributo, come ogni uomo. Ɐx. Φx. » p. 188
« Cantor ha dimostrato che non c’è un luogo dove sia più vero che l’impossibile è il reale. ». p. 197
« Siamo fratelli del nostro paziente perché come lui siamo figli del discorso.
Per rappresentare quell’effetto che designo con l’oggetto a, per abituarci al disessere costituito dall’essere il supporto, lo scarto, l’abiezione a cui può aggrapparsi il dire che, grazie a noi, nascerà in quanto dire interpretante, invito l’analista, affinché sia degno del transfer, a supportarsi con quel sapere che, essendo il posto è la verità, può interrogarsi su quella che è da sempre la struttura dei saperi, dai diversi saper fare fino al sapere della scienza.» p. 233
Libro XX, Ancora [1972-1973], a cura di A. Di Ciaccia, Torino, Einaudi, 2011
« Il godimento è ciò che non serve a niente » p. 4.
« Il godimento dell’altro, dell’Altro con un’A maiuscola, del corpo dell’altro che lo simbolizza, non è il segno dell’amore » p. 5.
« Benché sia reciproco l’amore è impotente, perché ignora di non essere altro che il desiderio di essere Uno, il che ci conduce all’impossibilità di stabilire la loro relazione. La relazione di loro chi? Dei due sessi”» p. 7.
« Il godimento del corpo in quanto tale, cioè in quanto asessuato » p. 7
« Il sesso della donna non dice nulla (all’uomo) » p. 8
« […] il godimento fallico è l’ostacolo per cui l’uomo non arriva a godere del corpo della donna, precisamente perché ciò di cui gode è il godimento dell’organo». p. 8.
« Il godimento, in quanto sessuale, è fallico, ossia non è in relazione all’Altro in quanto tale ». p. 9.
« Quello che non è segno dell’amore è il godimento dell’Altro, il godimento dell’Altro sesso.» p. 17.
« […] sappiamo soltanto che un corpo è qualcosa che si gode […] si può godere soltanto di una parte del corpo dell’Altro […] è il copro dell’uno a godere di una parte del corpo dell’Altro. Ma questa parte gode anch’essa » p.23.
« A questo proposito bisogna che ci accorgiamo di che cosa è fatto il discorso analitico […]. Vi si parla di quello che il verbo fottere enuncia perfettamente – è un verbo, in inglese, to fuck – e si dice che c’è qualcosa che non va. […] il rapporto sessuale, in quanto non va, comunque va.» pp. 30-31.
« La donna entra in funzione nel rapporto sessuale soltanto in quanto madre. » p. 33.
« […] l’amore mira all’essere » p. 38.
« Ciò che supplisce al rapporto sessuale è precisamente l’amore.» p. 43.
«Tutti sanno, naturalmente, che non è mai capitato che due facessero uno, ma insomma siamo una cosa sola. E’ da qui che parte l’idea dell’amore. È veramente il modo più rozzo di dare al rapporto sessuale, a questo termine che evidentemente sfugge, il suo significato. […] l’amore, se è vero che ha rapporto con l’Uno, non fa mai uscire nessuno da se stesso.» p. 45.
« […] c’è un modo maschile di fare cilecca nel rapporto sessuale, e poi un altro. Questo fallimento è la sola forma di realizzazione di tale rapporto se, come sostengo, non c’è rapporto sessuale.» p. 55.
« […] il godimento non di addice al rapporto sessuale – non decet. A causa del fatto che il suddetto godimento parla, il rapporto sessuale non c’è.» p. 58.
« […] parlare d’amore è di per se un godimento» p. 78.
« […] per Empedocle Dio era il più ignorante di tutti gli esseri perché non conosceva l’odio. […] non conoscere l’odio è non conoscere nemmeno l’amore» pp. 83-84.
« […] si potrebbe dire che più l’uomo può dare adito per la donna a confusione con Dio, cioè con ciò di cui ella gode, e meno egli odia, meno è, […] e poiché infondo non c’è amore senza odio, meno egli ama.» p. 84.
« […] non si conosce amore senza odio» p. 86.
« […] il rapporto sessuale non cessa di non scriversi.» p. 89.
« Quando si poteva odiarlo [Dio], si poteva credere che ci amasse […]. […] salvare Dio, ridando un po’ di presenza, di attualità a quell’odio di Dio» p. 93.
« Non è escluso che l’essere in quanto tale provochi l’odio. […] un odio solido è qualcosa che si rivolge all’essere […]. Avere a è forse uguale ad esserlo?» p. 94.
« In tutto quello che è dilagato degli effetti del cristianesimo, in particolare nell’arte […], ogni cosa è esibizione di corpi evocanti il godimento […]. Esclusa la copulazione. Se questa non è presente, non è per motivi futili. Essa è fuori campo esattamente come nella realtà umana, che pure sostenta con i fantasmi di cui è costituita. Da nessuna parte come nel cristianesimo l’opera d’arte in quanto tale si rivela in modo tanto palese per quello che è da sempre e dappertutto: oscenità » p. 108.
« Non c’è rapporto sessuale perché il godimento dell’Altro preso come corpo è sempre inadeguato: perverso da un lato, in quanto l’Altro si riduce all’oggetto a, e dall’altro, direi, folle, enigmatico» p. 138
« Qualcosa del godimento accondiscende il desiderio, grazie all’amore »
« Il φ è nei due sessi ciò che io desidero, ma anche ciò che posso avere solo con – φ. È questo meno che risulta essere il mediatore universale nel campo della congiunzione sessuale. » p. 294
Il Seminario XXII, R.S.I., lezione del 17 dicembre 1974, inedito
« È al reale in quanto fa buco che il godimento ex-siste […] qualcosa si apre ovviamente a noi, che sembra in un qualche modo essere scontato. Ovvero, questo buco del reale, designarlo come la vita […] Questo significante de la vita richiama quello de la morte ed è sul lato della morte che si trova la funzione del simbolico »
« È in quanto Tutti gli uomini sono mortali non ha – per il fatto stesso di questo tutti – a rigor di termini nessun senso, che ci vuole almeno che la peste si propaghi a Tebe affinché questo tutti diventi qualcosa di immaginabile e non puro simbolico, che ci vuole che ognuno si senta coinvolto in particolare dalla minaccia della peste. »
Libro XXIII, il sinthomo – 1975-1976, Astrolabio Ubaldini, 2006
« Il reale non cessa di scriversi. È attraverso la scrittura che si produce la forzatura. […] bisogna dirlo, come apparirebbe il reale se non si scrivesse? ».
« E’ vero solo ciò che ha un senso.
[…] Il vero sul reale, se posso esprimermi così, è che il reale […] non ha alcun senso. Questo enunciato gioca sull’equivoco del termine senso. » p.112
« Il reale è sempre un lembo o un torsolo […] attorno a cui il pensiero ricama, ma il suo stigma, […] lo stigma del Reale è di non ricollegarsi a niente » pp. 119-120
« Il reale ha e non ha un senso […] il senso è l’Altro del Reale » p. 131
« il reale non ha ordine » p. 134.
« Questo errore non è unicamente condizionato dal caso. La psicanalisi ci insegna infatti che un errore non si produce mai per caso. Dietro ogni lapsus, per chiamarlo con il suo nome, c’è una finalità significante. […] L’errore esprime la vita del linguaggio – per il linguaggio vita è tutt’altra cosa da quella che si chiama comunemente vita. Quel che significa morte per il supporto somatico ha altrettanto posto della vita nelle pulsioni che riguardano quella che ho appena chiamato la vita del linguaggio. Le pulsioni in questione riguardano il rapporto con il corpo, e il rapporto con il corpo non è un rapporto semplice in nessun uomo. » p. 144.
Libro XXIV, L’insu che sait de l’une-bevue s’aile a mourre, – 1976-1977
« Ciò che funziona veramente non ha niente a che fare con quello che io designo come reale. » citato da J.-A. Miller, L’esperienza del reale nella cura analitica, in La Psicoanalisi n. 27, p. 164, lezione del 25 novembre 1998.
Libro XXV, Il momento di concludere (1977-1979), inedito
« Il reale non cessa di scriversi. È attraverso la scrittura che si produce la forzatura. […] bisogna dirlo, come apparirebbe il reale se non si scrivesse? […] Il reale produce il buco, è ciò a cui siamo ridotti, per quanto riguarda il fatto di realizzare comunque questo rapporto sessuale ». Lezione del 10 gennaio 1978
« E’ vero solo ciò che ha un senso.
[…] Il vero sul reale, se posso esprimermi così, è che il reale […] non ha alcun senso. Questo enunciato gioca sull’equivoco del termine senso. »